“Abbiamo dovuto inventarci un nuovo modo di fare scuola”

A un mese dal blocco improvviso, l'istituto Keynes ha messo a sistema il nuovo modello di lezioni on line. Un impegno non facile, che ha richiesto impegno da parte di tutti

Keynes Gazzada Schianno

la scuola al tempo del Covid19. La dirigente dell’ISIS Keynes di Gazzada, Fausta Zibetti, racconta la “sua” esperienza: dalla risposta dell’istituto all’indomani della prima chiusura alla didattica on line, verso una fine d’anno scolastico che sembra doversi concludere in rete.

«Il diffondersi del virus ha imposto a tutti noi una distanza fisica alla quale non eravamo abituati, ma ha creato una vicinanza emozionale che ha visto la nostra comunità scolastica coesa e unita nell’obiettivo prioritario di far progredire proficuamente l’anno scolastico, richiedendo agli studenti il consueto impegno quotidiano nello studio».

La dirigente del Keynes ha messo a punto in pochi giorni una rete tecnologica capillare e condivisa, che consentisse la prosecuzione delle lezioni: «Chiedere significa anche dare ed è per questo che un esercito silenzioso di docenti si è attivato da subito con impegno e laboriosità affinché non fossero vanificati gli sforzi compiuti fino a quel giorno che ha cambiato la nostra quotidianità».

Un lavoro complesso che ha impegnato la scuola per  avviare nuove ed improvvise esigenze della didattica, mentre non c’era ancora una linea chiara dettata dal Ministero.
«Vorrei subito chiarire che dirigere una scuola dotata di infrastrutture tecnologiche per sua natura – siamo un Istituto tecnico informatico, elettronico ed economico- non vale di per sé a metterci in una posizione di vantaggio rispetto ad altri istituti per quanto  riguarda la didattica a distanza, poiché se è vero che la tecnologia è ben presente e funzionante nei laboratori e nelle aule del nostro istituto, tuttavia essa è rimasta confinata proprio lì dove l’accesso è inibitoLa didattica a distanza non era mai stata praticata nella nostra scuola ed è per questo che, come molti altri istituti della Provincia, abbiamo dovuto inventarci un nuovo modo di fare didattica che ha destrutturato tempi e spazi dell’apprendimento sia per i docenti che per gli studenti.
Abbiamo messo in campo le nostre forze migliori, ognuno ha dato il suo contributo, e dopo un mese possiamo dire che le lezioni online sono decollate, attraverso l’uso di piattaforme didattiche e altri mezzi di comunicazione a distanza».

Come hanno risposto i docenti e gli studenti?
«Inizialmente tutti sono rimasti disorientati, nessuno aveva certezza della durata della sospensione delle lezioni – né io potevo dargliela- ed è stato difficile mettersi al lavoro con una prospettiva destinata a mutare di settimana in settimana, cosi l’approccio è stato graduale, per tentativi ed errori, come insegna il metodo scientifico sperimentale: i docenti hanno provato a fare lezione e ad assegnare lavori ai ragazzi, e questi, da parte loro, hanno provato a partecipare alle attività, ciascuno con i mezzi a propria disposizione.
Nessuno si è tirato indietro, nessuno ha detto: “questo non mi compete”, anzi, ho visto moltiplicare gli sforzi e l’impegno, le ore di lavoro e di studio da parte di tutti. Ho sempre mantenuto i contatti con tutti i miei docenti e anche con gli studenti, attraverso i loro rappresentanti d’Istituto e di classe; non mi perdo un report e non mi risparmio nel confronto reciproco. Ho uno staff molto affiatato e competente, i rappresentanti degli studenti sono seri e collaborativi: sono fortunata.

In che modo pensa che questa esperienza abbia arricchito la comunità scolastica e soprattutto i ragazzi?
La situazione contingente ci ha messi forzatamente di fronte all’impossibilità di continuare “come prima”, non ci permette più di dire “abbiamo sempre fatto così”. Tutti stiamo reagendo con nuovi mezzi e con nuove risorse psicofisiche, ha messo in atto una forma di adattamento che ci sta cambiando tutti.
Sicuramente questa è l’occasione per riflettere sul senso e sul valore delle nostre azioni, del nostro impegno quotidiano, che non deve mai venire meno: cambiano i mezzi ma resta la sostanza, il senso del nostro “fare” scuola ed “essere” comunità educante.
Cambia anche il valore che finora abbiamo dato alla tecnologie e ne emergono i limiti in tutta evidenza: per fortuna c’è la rete, ma in presenza è meglio.
Tutto questo è molto arricchente, se non ci si lascia travolgere.»

di
Pubblicato il 25 Marzo 2020
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