“Il teatro è stato dimenticato?”
Abbiamo parlato con l'attrice Irina Lorandi, che insegna nel Varesotto, sullo stato del teatro e degli spettacoli dal vivo in tempi di pandemia

«Il teatro vive di relazioni e dell’incontro con il pubblico, come può sopravvivere di questi tempi?». A parlare è l’attrice professionista Irina Lorandi, di origini milanesi. Diplomata alla “Paolo Grassi” di Milano, è insegnante nelle scuole del Varesotto e tiene anche qualche corso di teatro per adulti.
Il settore del teatro, insieme a quello degli spettacoli dal vivo, è stato di sicuro tra quelli più trascurati in questa fase emergenziale causata dal Coronavirus. Le porte dei teatri italiani sono state le prime a venire chiuse e chissà quando verranno riaperte, saranno sicuramente le ultime.
Dietro a quei sipari, però, ci sono professionisti che hanno reso il teatro la loro fonte di sostentamento ed ora sono stati dimenticati: quello che per molti può sembrare un puro intrattenimento settimanale, per altri è un lavoro, uno stipendio, un mutuo e una famiglia da mantenere.
«Quando è stato scoperto il primo caso di Covid-19 a Codogno, nel weekend di fine febbraio, mi trovavo in Svizzera con la compagnia milanese Schedia, per uno spettacolo per ragazzi: Rose nell’insalata di Bruno Munari», racconta l’attrice, «e durante le repliche di venerdì 21 e sabato 22 avevamo sentito qualche notizia. Quando siamo tornati in Italia c’è stato il delirio».
Lorandi racconta che da quel weekend non ha fatto più spettacoli: «Abbiamo perso tutte le altre date dello spettacolo di Munari, come quella a Sant’Arcangelo in Emilia-Romagna e a Brescia, anche perché era legato al mondo della scuola, che ha chiuso immediatamente. Per il 25 aprile avrei avuto uno spettacolo sulla Resistenza partigiana cui tengo molto, anch’esso sfumato». «Ci è stato promesso che le date sarebbero state ripristinate – continua – ma non abbiamo alcuna sicurezza, soprattutto quando si tratta dei ragazzi e degli spettacoli organizzate come le scuole: bisogna vedere come torneranno a scuola e se i professori se la sentiranno di portarli a teatro».

Cosa fa un attore in quarantena?
«Principalmente faccio yoga, una disciplina che si lega molto al teatro e che molti miei insegnanti dell’accademia praticavano. È anche un modo per allenare il corpo e, grazie alla respirazione, la voce. In più leggo testi teatrali, in modo da allargare le mie conoscenze – e avere più opzioni di spettacoli da proporre ai miei studenti – e per rimanere in contatto con il mondo del teatro in maniera diversa».
Hai già provato le videolezioni con i tuoi studenti?
«Non le ho ancora sperimentate; dei miei colleghi usano Zoom e lavorano principalmente sui monologhi o sulle parti singole degli allievi. Io, però, rimango scettica: il teatro è un’arte che si fa dal vivo, ma non è detto che non lo sperimenti riconvertendo gli esercizi che faccio a lezione».
Su Raiplay c’è la possibilità di guardare alcuni spettacoli teatrali, senza dimenticare le opere del Teatro alla Scala su Rai 5.
«Questo è un buon modo per mantenere vivo il rapporto con il pubblico e per non far morire il teatro. Rimane comunque il fatto che la fruizione di uno spettacolo registrato è diversa da quella dal vivo. Molti miei colleghi stanno facendo qualcosa di simile sui social: registrano monologhi teatrali per intrattenere i seguaci; altri, invece, hanno criticato molto questa scelta perché ritengono che il teatro non sia una registrazione. Per me è un metodo un po’ castrato, ma l’acqua trova sempre la strada per scorrere, nonostante le difficoltà che incontra».
Il teatro è stato dimenticato dal governo italiano?
«Il teatro è stato dimenticato e lasciato a sé stesso, ma adesso nel nostro mondo c’è un po’ di subbuglio: i sindacati degli attori stanno cercando di tutelarci. Alcuni professionisti con la partita Iva hanno fatto richiesta all’Inps per i 600€ – che ancora non sono arrivati».
E guardando al futuro, anche in relazione al distanziamento sociale?
«Ad essere ottimista il teatro potrebbe riaprire in autunno; ad essere pessimista, il prossimo anno. Il teatro però ha un doppio problema: oltre al problema del pubblico, c’è anche il problema degli attori, che non possono recitare mantenendo il distanziamento sociale. Come fare a riconvertire tutte le nuove regole e le norme in vigora ora nel mondo del teatro? Sono curiosa, però, di vedere come il teatro – un’arte millenaria – possa sopravvivere al Coronavirus e in che modo si trasformerà».
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