Il dolore, l’amore e la speranza: viaggio nel reparto Covid dell’Ospedale di Cuasso

Il fotografo Maurizio Borserini ha visitato il reparto Covid-19 dell'Ospedale di Cuasso al Monte. Ecco il suo racconto, per parole e immagini

Cuasso al Monte - Reportage dal reparto Covid - foto di Maurizio Borserini

Maurizio Borserini è un fotografo sensibile e generoso. Collabora con Varesenews e tante volte ha emozionato i nostri lettori  con i suoi scatti. Ieri è stato all’Ospedale di Cuasso al Monte, il suo paese, per un reportage fotografico nel reparto dove sono ospitati una cinquantina di pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di terapia intensiva. Ecco le sue immagini e il suo racconto.

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Cuasso al Monte: il reparto Covid-19 all’Ospedale di Cuasso 4 di 37

Arrivare all’ospedale di Cuasso e trovarmi davanti ad un edificio non più destinato all’abbandono ma ad una struttura funzionante e nuovamente utile, da cuassese mi ha commosso.

Sono stato accolto dal direttore Michele Bertoni, che con professionalità e chiarezza, mi ha spiegato la funzione dell’ospedale di Cuasso a fronte dell’emergenza in corso. Oggi la degenza conta cinquanta pazienti positivi al Covid-19 che non necessitano del ricovero in terapia intensiva.

La prima cosa che colpisce è il sorriso e la voglia di aiutare di queste persone, veri  super infermieri, che mi hanno accolto con grande disponibilità. Nonostante siano tutti bardati dagli indumenti protettivi e il loro volto sia nascosto dalle maschere riescono a trasmettere ugualmente la loro forza e a creare una relazione molto bella con i pazienti, con grande attenzione a quelli più fragili, gli anziani, che subiscono più degli altri gli effetti dell’isolamento.

L’ospedale si divide in due aree: l’area pulita (la zona del personale medico) e l’area Covid. Accompagnato dal direttore Bertoni entro nella zona intermedia, dove indosso i dispositivi di protezione, guanti, mascherina, visiera e divisa ospedaliera, necessari per accedere in sicurezza all’area Covid che ospitati i pazienti.

Entro accompagnato dalla dottoressa Daniela la quale con professionalità e gentilezza mi spiega come è organizzato il reparto. Mi colpisce l’attenzione che dedica a spiegarmi cosa fanno per garantire ai pazienti, oltre alle cure, i contatti con l’esterno, con i loro affetti.  Mi racconta che la struttura è situata in una zona poco coperta dalla rete telefonica, solo un operatore raggiunge l’area interessata. Per questo sono state donate schede telefoniche per permettere ai pazienti di comunicare con i propri cari. Per i pazienti che non dispongono di un cellulare, c’è a disposizione un iPad, con cui il personale organizza delle videochiamate settimanali con i familiari. La struttura ha ricevuto in donazione anche dei walkie talkie, che permettono la comunicazione tra il personale delle due aree dell’ospedale.

Sono pronto a scattare. Impugno la mia Fuji e ci addentriamo nel corridoio che ci porta alle stanze, dove sono ospitati al massimo quattro pazienti.

Daniela mi accompagna nella prima stanza all’interno della quale si percepisce un clima piacevolmente sereno. I quattro pazienti passano il tempo giocando a carte, ricevendo videochiamate dai propri cari, chiacchierando tra loro e facendosi forza a vicenda. Il sostegno e l’aiuto psicologico tra di loro è fondamentale.

Nella seconda stanza posso assistere all’attività di riabilitazione fisica dei pazienti anziani. Il personale, con gesti delicati, si occupa di aiutarli ad alzarsi e di fargli fare una leggera motricità all’interno della stanza. Durante la mia permanenza, una delle pazienti riceve una videochiamata dalla propria figlia che prima di salutare la madre, si rivolge al personale ringraziando per il lavoro svolto ed elogiando la struttura per la qualità del personale e dell’ambiente in cui la struttura si trova, che dona conforto e tranquillità a stretto contatto con la natura, immersa nei boschi cuassesi. Non manca l’emozione, perché in queste stanze si intrecciano il dolore e l’amore, la paura e la speranza.

Torno nell’atrio, mi svesto di tutti i dispositivi di protezione e accedo all’area pulita. La mia visita termina qui.

All’esterno della struttura, mi volto, vedo l’ospedale di Cuasso con alle spalle la caratteristica “roccia rossa” e mi commuovo nuovamente. In questa emergenza tanti stanno facendo la loro parte e l’ospedale di Cuasso, con immenso orgoglio, è tra questi.

Maurizio Borserini

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Pubblicato il 01 Maggio 2020
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  1. Michela Villani
    Scritto da Michela Villani

    Grazie, Mauri! Ho sempre avuto caro nel mio cuore il tuo impegno come fotografo nonchè, in famiglia, come genero. Grazie perché ci metti il tuo grande cuore nei tuoi scatti, la tua passione, e nelle parole con cui li commenti.
    Andrà tutto bene! Lo speriamo tutti insieme!
    A presto vederci! Nonna Michy

  2. Michela Villani
    Scritto da Michela Villani

    Grazie, Mauri per avermi emozionato ancora una volta con le tue foto e il tuo commovente articolo. Dai tuoi scatti si raccolgono davvero i sentimenti con cui titoli l’articolo: dolore, amore e speranza. Emozioni che hanno commosso me e i lettori. Grazie a tutto il personale dell’ospedale di Cuasso. Grazie a te che fai sempre le cose col cuore, in famiglia, come mio genero, e con la tua fuji, come fotografo! Nonna Michy.
    #insiemecelafaremo

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