Laura Prati, il ricordo dei cardanesi sette anni dopo
Sette anni fa, alle 9:45, il vigile Giuseppe Pegoraro sparò a Prati e al suo vice Costantino Iametti. Dopo venti giorni di calvario, la sindaca morì

«È un periodo duro per tutti noi, segnato da sacrifici e tensioni che portano a tensioni e divisioni. Ma oggi, nel ricordo di Laura Prati, ripartiamo uniti». Sono le parole del sindaco di Cardano al Campo, Maurizio Colombo, alla commemorazione della prima cittadina scomparsa nel 2013.
Sette anni fa, alle 9:45, il vigile Giuseppe Pegoraro sparò a Prati e al suo vice Costantino Iametti. Dopo venti giorni di calvario, la sindaca si spense. Non il suo vice, il quale continuò a portare il suo ricordo come presidente del Consiglio comunale. Fino al 2019, quando lasciò la politica dopo 40 anni.
Una commemorazione che ebbe inizio il 2 luglio 2014, a un anno esatto da quel tragico episodio, voluta fortemente dall’allora sindaco Angelo Bellora.
«Questa commemorazione non si esaurisce oggi» precisa Colombo -. Si ripete ogni volta che i cardanesi si confrontano con le istituzioni cittadine, si rivive ogni volta che un cittadino ricopre un incarico; la rivivo ogni mattina entrando in ufficio. Questa commemorazione – aggiunge – ci unisce tutti nell’esempio e nella testimonianza che la sindaca Prati ci ha lasciato. Una pagina della storia di Cardano al Campo che nessuna pandemia può cancellare».
La panchina rossa “Laura Prati”

Tante persone, anche a sette anni di distanza, si sono ritrovate davanti al municipio che ora prende il nome proprio della sua sindaca mai dimenticata. E ora, oltre al palazzo delle istituzioni, anche la prima panchina rossa è dedicata a lei. Colombo ha infatti svelato la targhetta posta sulla panchina di piazza Mazzini, con il nome di Laura Prati. Una decisione simbolica ma importante, come ricorda l’assessora alle pari opportunità Meri Suriano: «La panchina serve per ricordare le donne vittime di violenza. Troppo spesso la cronaca ci racconta di episodi di femminicidio. Abbiamo dedicato la nostra prima panchina rossa a una donna, morta mentre svolgeva il suo lavoro».

«Sette anni fa – racconta il figlio Massimo Poliseno, entrato in Consiglio comunale l’anno scorso, davanti alla panchina – quella che faccio ancora fatica a definire persona entrò in municipio e puntò la pistola contro mia madre e Costantino. Sono contento che l’amministrazione attuale ne mantenga vivo il ricordo e questo giorno» ha detto «E condivido la scelta dell’amministrazione di parlare di violenza di genere, perché è giusto definirla tale. Mia madre – racconta Poliseno – si batté molto su questo tema: una delle ultime serate a cui partecipò fu proprio sulla violenza contro le donne. Sono convinto che il gesto di quell’uomo fu dovuto anche all’incapacità di accettare che il suo destino fosse determinato da una donna. L’intitolazione della panchina a mia madre può servire a costruire la memoria nei cardanesi, e spero sia da monito per tutti».
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