Restaurato il modello originale della porta del Duomo custodito al Sacro Monte

Presentati i risultati degli interventi che rientrano nel progetto “Sacro Monte di Varese: la Cripta del Santuario e la porta del Duomo, due patrimoni simboli di arte e fede”

La Veneranda Biblioteca Ambrosiana e la Parrocchia del Sacro Monte di Varese hanno annunciato questa mattina, 14 ottobre 2020, la conclusione del restauro del modello in gesso della Porta del Duomo di Milano conservata nella casa museo dell’artista che l’ha creata: Lodovico Pogliaghi. Sono stati presentati inoltre i risultati derivanti dallo scavo archeologico di tre sepolture nella Cripta del Santuario.

Gli interventi rientrano nel progetto “Sacro Monte di Varese: la Cripta del Santuario e la porta del Duomo, due patrimoni simboli di arte e fede”, che è stato promosso dalla Parrocchia di Santa Maria del Monte come ente capofila in partnership con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano e che gode anche del sostegno della Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese, di Fondazione Pogliaghi, dell’Arcidiocesi di Milano, dell’Università degli Studi dell’Insubria, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, del’ Università degli Studi di Milano.

Il progetto ha ottenuto da Regione Lombardia una significativa  copertura dei costi, pari a quasi il 70% del valore dell’intervento, motivato dall’elevato valore culturale degli interventi realizzati e per la capacità di raggiungere gli obiettivi di ricerca prefissati già dimostrata dalle realtà museali del Sacro Monte di Varese nel corso degli anni precedenti: «E’ una grande soddisfazione poter verificare il compimento di lavori di ricerca archeologica  e di valorizzazione di opere d’arte cosi rilevanti, come quelli al Sacro Monte di Varese – Ha commentato, via Skype, Stefano Bruno Galli, assessore all’autonomia e cultura di Regione Lombardia  –  Entrambi i lavori sono uno straordinario esempio di quanto i siti lombardi del patrimonio Unesco, che sono 18, siano una fonte inesauribile di tesori».

I lavori sono stati possibili, oltre al contributo della regione, anche grazie ad una campagna di raccolta fondi avviata nei primi mesi del 2019 ed alla generosità di alcune aziende e di molti visitatori privati.

«Questo è sicuramente un momento importante per il territorio e per la cultura – ha commentato il sindaco di Varese Davide Galimberti – In questo momento particolare parlare di cultura sembra anacronistico, perchè siamo impegnati in tutt’altri versanti. Ma in verità la cultura è importante: per conservare ciò che di prezioso abbiamo ma anche per dare nuova vita e nuova spinta al futuro».

«La Veneranda Biblioteca Ambrosiana è molto lieta nell’ammirare i risultati del restauro del modello in gesso della porta centrale del Duomo di Milano, opera monumentale per dimensioni e per mole di lavoro profuso dal Pogliaghi – ha commentato il direttore della Pinacoteca Ambrosiana, Monsignor Alberto Rocca – il fatto che questo restauro sia frutto di una sinergia con diverse realtà con il fondamentale contributo della Regione è ulteriore motivo di soddisfazione».

Presentazione restauro calco Porta del duomo di milano al sacro monte

IL LAVORO DI POGLIAGHI NEL RESTAURO DEL BOZZETTO

I lavori di restauro del modello della porta del Duomo di Milano sono stati eseguiti dal Laboratorio San Gregorio di Busto Arsizio, che si occupa anche di restauri di parte del Duomo di Milano, e le operazioni hanno visto una prima fase di lettura del manufatto per evidenziare tutti i punti e le patologie di degrado «Ma è stata per noi anche occasione per scoprire molto di più su quest’opera d’arte – ha spiegato Michele Barbaduomo – Innanzitutto, per esempio, che più che di una copia in gesso della porta centrale del Duomo è più corretto definirla Bozzetto in scala 1.1. Su questa copia Pogliaghi infatti ha studiato la sistemazione e la postura dei personaggi, e in diversi casi, nell’opera finita, ha fatto importanti cambiamenti. Che rendono però questo bozzetto ancora più affascinante, soprattutto in particolari ore del giorno».

L’opera di Lodovico Pogliaghi misura 10 metri in altezza e 6 in larghezza, ed è di fatto un sorta di quinta scenografica del grande atelier presente nell’abitazione dell’artista. Per poterla allestire, Pogliaghi modificò le altezze del muro portante dell’abitazione ed inserì un sopraluce che permette alle figure di Gesù e Maria, raffigurate nella cimasa, di ricevere luce per tutte le ore del giorno.

I lavori di restauro hanno permesso di indagare anche le fasi di lavoro dell’artista, e di documentare la presenza di bambù, pigmenti, paglia negli impasti e negli aggetti dell’opera in gesso «Abbiamo trovato anche vetrini e piccoli gioielli, che servivano evidentemente come base per riprodirli meglio e che lui, una volta completato il bozzetto, ha lasciato».

I gioielli del sacro Monte recuperati da Regione e privati

NUOVI DATI DALLO STUDIO DEI REPERTI DELLA CRIPTA

Insieme a questa “inaugurazione”  sono stati inoltre presentati i dati in arrivo dall’indagine archeologica presso la Cripta del Santuario, dove lo scavo di 3 sepolture ad arcosolio ha fornito interessanti informazioni su un oratorio funerario non precedentemente noto dalle fonti documentarie.

Nella Cripta del Santuario l’intervento è stato condotto da Archeo Studi Bergamo con Roberto Mella Pariani, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica delle Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza Brianza, Pavia, Sondrio, Varese.

Oggetto dell’indagine 3 sepolture presenti nel corridoio di accesso alla Cripta, già individuate nel corso del restauro della Cripta tra 2013 e 2015.

Di grande interesse i dati emersi, che accendono finalmente una luce sull’interpretazione del vano limitrofo alla cripta, quello che ospita le sepolture oggetto di indagine: si tratta di un ambiente per il quale non è disponibile alcuna documentazione storica, individuato per la prima volta nel 2013 e pertinente forse ad un oratorio funerario, certamente uno tra gli elementi precedenti l’edificazione del santuario romanico.

«L’ultimo intervento di scavo ha interessato i loculi delle tre tombe ad arcosolio rinvenute nel 2013-2015 all’interno dell’oratorio funerario – ha spiegato Barbara Grassi, funzionario archeologo della Soprintendenza che ha seguito gli scavi –  Nell’arcosolio centrale giaceva lo scheletro completo di un adulto che presentava i postumi di una grave frattura al femore. Nell’arcosolio Tomba 2 erano visibili le gambe di un individuo probabilmente adulto. L’impossibilità di individuare lo scheletro dell’Arcosolio Tomba 4, inglobato alla base delle fondazioni del Santuario che ne avevano invaso il loculo, è stata però compensata dalla scoperta di un’ulteriore rarità archeologica, ovvero una croce tombale, dipinta a fasce ocra e porpora alla testata ovest della sepoltura. La recentissima analisi stilistica della croce conferma l’attribuzione archeologica che colloca gli
arcosoli in un ambito temporale compreso tra la fine del VIII e il IX secolo». Portando ancora più in là nel tempo la storia del santuario del Sacro MOnte, fino all’età carolingia.

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 14 Ottobre 2020
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