Buona pensione papà: mi hai insegnato il valore del lavoro e della famiglia
La nostra lettrice Barbara saluta un giorno speciale per il padre, dopo 42 anni e mezzo di lavoro. E racconta una storia che parte dal giorno della recita a scuola, alle elementari...

Ciao papà,
oggi raggiungi la tua meta.
Dopo 42 anni e mezzo di onorata carriera, arrivi alla pensione, un traguardo per te sudato, conquistato e decisamente meritato.
Per me, il tuo lavoro ha iniziato a esistere quando non sei riuscito a venire alla mia recita di Natale alle elementari perché avevi il turno del pomeriggio fino a sera. Ricordo ancora le lacrime che versai e quanto insistetti perché ci fossi anche tu nel pubblico a guardarmi. Invece tu mi dissi: “Barby, io vorrei venire alla tua recita ma non posso perché lavoro ed è grazie al mio lavoro e a quello della mamma che possiamo vivere in questa casa, mangiare la pizza e toglierci qualche sfizio. Arriveremo a casa alla stessa ora, vedrai, e sappi che dovrai raccontarmi tutto nei minimi dettagli.”
E così è andata veramente. Nonostante la stanchezza, mi ascoltasti, non so quante volte, e mi diedi uno degli esempi più importanti. Mi insegnasti che il senso del dovere viene al primo posto ma che ciò non esclude trovare spazio e tempo per gli affetti, anche se in modo diverso rispetto a quello che a volte vorremmo.
Da allora sono stata la bambina che raccontava che il suo papà faceva il capo-turno dove stampano i tessuti per i vestiti delle modelle. Poi la ragazza che ti aspettava a fine turno per raccontarti le sue giornate e ti stirava la divisa. Infine la donna con cui ti confrontavi sui cambiamenti organizzativi, le scelte aziendali, la difesa per un richiamo ingiusto.
Quanto è successo in questi 42 anni e mezzo.
Sei stato il papà che ho visto andare al lavoro ogni giorno, che ha fatto i turni “una vita”, che non ha mai fatto malattia e che anche in questo ultimo anno col Covid ha sostituito gli assenti in un reparto nuovo. Hai conoscenze e capacità, ma soprattutto sei leale e affidabile.
E sai cosa mi dispiace? Mi dispiace vedere una azienda multinazionale tergiversare sui tuoi tempi di uscita per trattenerti fino all’ultimo momento possibile. Onore al tuo valore, ma che esempio è dare buone uscite ai lavativi concedendo loro l’arrivo al traguardo prima dei lavoratori meritevoli? Vogliamo davvero credere che 42 anni e mezzo non siano stati sufficienti per creare un ponte tra le tue conoscenze e la mia generazione? E poi, dato l’ennesimo sacrificio richiesto, nemmeno un premio bensì il minimo garantito. Non intendo un’offerta economica, anzi. Intendo un riconoscimento equo per il tuo impegno, la tua onestà, la tua presenza indiscutibile per 42 anni e mezzo di lavoro. Vorranno convincersi che “sei un lavoratore che va in pensione” ma non è così perché hai dimostrato che sei molto di più. Sei l’esempio di un lavoratore capace, dedito ai sacrifici, che accetta i compromessi solo se non impattano la sua etica e su cui l’azienda ha sempre potuto fare affidamento perché, nonostante le difficoltà e le amarezze, hai sempre anteposto il senso del dovere.
Oggi vai in pensione orgoglioso del tuo percorso e della tua figura professionale.
Sei il mio esempio.
Ti voglio bene,
Barbara
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