Silvia da Venegono alla maratona di New York
Silvia Schneiders vive negli Stati Uniti insieme al marito ed è stata una delle pochissime italiane (e tra le più veloci) ad aver potuto partecipare alla corsa più famosa del mondo
Silvia Schneiders è una varesina originaria di Venegono Superiore, ma da due anni vive negli Stati Uniti insieme a suo marito Giorgio, e domenica 7 novembre è stata una delle pochissime atlete italiane a partecipare alla famosissima maratona di New York. Migliaia di corridori iscritti dall’Europa e da diverse altre parti del mondo, infatti, non hanno potuto partecipare alla corsa a causa delle limitazioni all’ingresso nel Paese imposte dal Governo degli Stati Uniti a causa della pandemia (limitazioni rimosse per i vaccinati proprio lunedì 8 novembre).
«Io e Giorgio – racconta Silvia – viviamo a New York da due anni e a giugno degli amici hanno avuto la possibilità di darci due pettorali per la maratona. Abbiamo sempre corso brevi distanze 10, 12 chilometri al massimo, ma l’idea ci è piaciuta molto. Purtroppo accedere alla maratona di New York non è semplice, ma quest’anno, visto che le frontiere con l’Europa erano chiuse, gli organizzatori hanno dedicato molti pettorali ai residenti americani. Abbiamo quindi accettato e iniziato ad allenarci, partendo da 5km fino ad arrivare a 33 ad ottobre. L’allenamento per una maratona non è banale e richiede molta costanza e dedizione, ma fortunatamente siamo riusciti a completarlo».
L’edizione 2020 avrebbe segnato i cinquant’anni esatti dalla prima maratona di New York (del 1970). La pandemia aveva però costretto gli organizzatori ad annullarla. I festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario si sono quindi celebrati durante l’edizione del 2021. La maratona di New York riesce a unire tutta la città in un unico evento. Si percorrono i cinque “boroughs” i quartieri di New York: Staten Island, Brooklyn, Queens, Bronx e Manhattan. «Il tifo – aggiunge Silvia – è incredibile e il percorso rispecchia le etnie e le personalità degli abitanti. Questa cosa mi ha sempre affascinato, tutti mi hanno sempre raccontato di come fosse un’esperienza unica e travolgente: e così è stato».
Il giorno della maratona
«Siamo partiti all’alba in direzione Battery Park (Manhattan sud) – racconta Silvia -, abbiamo preso il traghetto per Staten Island che trasporta solo corridori, e qui abbiamo cominciato a sentire l’atmosfera di maratona. Una volta arrivati, un autobus ha trasferito tutti alla partenza e superati i controlli di sicurezza siamo entrati nel villaggio della maratona. Nel villaggio i corridori attendono il proprio turno in base all’ordine di partenza suddiviso in “waves”: i più forti partono prima e poi tutti gli altri a seconda del loro tempo stimato. Nel villaggio abbiamo incontrato personaggi disparati, travestiti con costumi da carnevale o con magliette ironiche, chi si riscaldava e chi rideva e scherzava bevendosi un caffè e mangiando un bagel. I primi a partire sono stati i professionisti, li abbiamo visti passare sul ponte di Verrazano, famoso ponte che chiudono soltanto in occasione della maratona e l’agitazione saliva. Quando è stato il nostro turno ci siamo avvicinati alla partenza e dopo l’inno americano, il cannone ha sparato e siamo partiti sulle note di Frank Sinatra “New York, New York”. dal Ponte si vedeva lo “skyline” di Manhattan e il mio pensiero è stato: “quanto è lontano! Non ci arriverò mai”».
«Pian piano – spiega Silvia – siamo entrati a Brooklyn e il tifo si è fatto intenso. Famiglie con bambini e amici si radunano ogni anno per tifare tutti i corridori e incitarli. La parte più dura è iniziata sul ponte Queensboro, che collega il Queens a Manhattan ed è circa al chilometro 25, il ponte è in salita, ma quando siamo scesi abbiamo iniziato a sentire la bolgia della First Avenue e la fatica è passata subito. Fortunatamente sono stata bene fino al trentesimo chilometro e grazie al tifo degli amici incontrati ho tenuto duro, ma poi ho iniziato a rallentare un pochino perché la fatica era molta. L’ultimo pezzo è a Central Park e mi sono sentita a casa: lì è dove mi alleno più spesso, ho tutti i punti di riferimento e so cosa mi aspetta, mancavano circa 4 chilometri e bisognava dare tutto. Ho cercato di spingere il più possibile e ho concluso la gara in 3:41:56. Per i miei standard sono molto soddisfatta e spero di aver rappresentato al meglio tutti gli amici varesini che avrebbero voluto correre questa maratona ma che non hanno potuto per le restrizioni in atto».
«Una volta usciti i risultati – aggiunge alla fine Silvia – ho scoperto di essere stata la seconda donna italiana più veloce! Che soddisfazione… un bellissimo regalo per i miei 30 anni e il 50esimo della maratona».
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