Filetti (Cgil): “L’assoluzione del sindacalista accusato di violenza sessuale fa rabbia”
Il segretario federale della Cgil di Varese commenta duramente la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio sul caso della hostess molestata da un sindacalista della Fit Cisl: "Solidarietà a lei"

La sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che ha assolto (perchè il fatto non sussiste) l’ex-sindacalista della Fit Cisl accusato di violenza sessuale nei confronti di una hostess che aveva incontrato per parlare di una causa di lavoro ha fatto molto arrabbiare il segretario generale della Cgil di Varese, Stefania Filetti: «Fa rabbia la sentenza in merito alla denuncia per molestie di una hostess a Malpensa. Incredulità e rabbia» – scrive in una nota.
Non ci fu violenza sessuale, assolto il sindacalista di Malpensa accusato da una hostess
Secondo l’esponente varesina del sindacato, anzichè un processo all’imputato c’è stato un processo alla vittima: «Ci siamo di nuovo. Anche questa volta il processo è alla vittima. L’abbigliamento, il trucco, i luoghi frequentati, gli orari. Sono spesso attenuanti, quando non veri salvacondotti, per l’accusato, per chi fa della molestia un proprio normale modo di agire» – sottolinea Filetti.
«Non avrei mai immaginato che reagire dopo venti secondi voglia dire essere consenzienti, voglia dire che le molestie non ci sarebbero state. Questo è davvero inaccettabile. Una reazione, per esempio uno schiaffo, dato per difendersi entro 19 secondi determinerebbe una molestia, mentre dopo 20 secondi no?» – aggiunge, in riferimento alle motivazioni che avrebbero definito in un tempo massimo di 30 secondi la violenza subita dalla vittima.
«Ma come si fa a misurare in secondi la quantità di paura, la dimensione del disorientamento che una donna prova a fronte di una molestia? Oppure hanno misurato in 20 secondi la velocità di azione del surrene per produrre l’ormone della fuga? Pazzesco, assurdo. Eppure è tutto vero» – continua la sindacalista Cgil.
E conclude: «Sono tanti i racconti di donne che subiscono molestie nei luoghi di lavoro e che poi decidono di non denunciare per paura di perdere il posto o per pudore nei confronti dei propri cari. Le tante azioni in campo non bastano. Chiedo scusa a Barbara per non averle espresso la mia solidarietà, c’è stata però fin da subito vicinanza e sostegno come donna e come sindacalista della Cgil. Lo faccio ora, pubblicamente perché ci sono cose che sono più importanti di altre».
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