All’ospedale di Circolo di Varese utilizzata la chirurgia robotica per i piccoli pazienti urologici
Il professor Dehò e l'assistente Di Napoli hanno operato tre adolescebnti e si apprestano a intervenire per curare tre bambine di 6 e 7 anni

Sono tre gli interventi già eseguiti e altri tre sono in calendario di chirurgia robotica per l’urologia pediatrica di Varese. I primi pazienti son stati adolescenti mentre le prossime sono tre bimbe di 6 e 7 anni che presentano malformazioni congenite complesse.
Accanto alla chirurgia tradizionale e a quella laparoscopica dell’urologia pediatrica, struttura diretta dalla dott.ssa Lilia Reali e afferente al Dipartimento materno-infantile guidato dal Prof. Massimo Agosti, si aggiunge quella robotica ma nelle sale operatorie dell’Ospedale di Circolo.
In sala operatoria, accanto al primario di urologia Prof. Federico Dehò, che vanta un’esperienza consolidata nell’utilizzo delle tecniche robotiche sui pazienti urologici adulti, la dott.ssa Maria Glenda Di Napoli, che ha appreso la tecnica specifica frequentando centri nazionali ed internazionali.
«Così come nell’adulto, anche in ambito pediatrico l’urologia è stata il primo campo di sviluppo della chirurgia robotica – spiega la dott.ssa di Napoli, referente per il programma di chirurgia robotica dell’Urologia pediatrica – Con una importante distinzione: molto più che nell’urologia per adulti, in quella pediatrica è fondamentale selezionare accuratamente i pazienti e le tipologie di intervento in cui procedere con tecnica robotica piuttosto che con metodica laparoscopica o tradizionale».
In particolare, il robot sui pazienti pediatrici è particolarmente indicato per gli interventi di pieloplastica, in caso di ostruzione o restringimento del giunto tra bacinetto renale e uretere, una malformazione congenita presente in alcuni bambini (1 ogni 2mila) fin dalla nascita e che, se non viene trattata chirurgicamente, può comportare il danneggiamento del rene fino alla sua perdita. Interventi di questo tipo sono sempre stati eseguiti con la classica tecnica “a cielo aperto”, di alta precisione, ma che comporta tempi di recupero più lunghi. «Ancora oggi – spiega Di Napoli – la tecnica tradizionale è utilizzata nei pazienti molto piccoli, non candidabili, per limiti tecnici, alla chirurgia robotica».
L’esperienza chirurgica ha permesso il passaggio in molti casi alla tecnica laparoscopica, che prevede tre piccole incisioni in cui vengono inserite una microtelecamera, pinze e forbici particolari che permettono di operare visualizzando l’intervento su monitor con mininvasività, tempi di degenza e di recupero molto più rapidi ma una visione dell’intervento meno limpida rispetto alla tecnica “a cielo aperto”. Il Robot Da Vinci ha permesso di unire i vantaggi della tecnica “a cielo aperto” a quelli della tecnica laparoscopica: alta precisione, mininvasività, tempi rapidi di recupero e minor dolore post-operatorio, degenza ospedaliera più breve, miglior ripresa fisica e nelle attività sportive dei piccoli pazienti.
«Nel ventaglio delle possibilità terapeutiche, l’Urologia Pediatrica varesina offre tutte e tre le tecniche – commenta la dott.ssa Lilia Reali – Il robot, in particolare, migliora l’atto chirurgico per via mininvasiva: il chirurgo riesce a lavorare con maggiore precisione, beneficiando di una visione in 3D e di strumenti dotati di un sistema di snodo terminale, che permette rotazioni anche a 360°. Inoltre, rispetto alla chirurgia laparoscopica, quella robotica ha una curva di apprendimento molto più veloce, perché l’esperienza, oltre che sul campo, può essere fatta tramite simulazioni».
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