Vi racconto mio papà: Giorgio Ambrosoli
Un ritratto inedito dell'"Eroe borghese". A Villa Recalcati Libera ha presentato il libro di Francesca Ambrosoli, scritto con la giornalista Luisa Bove e la prefazione di don Luigi Ciotti

Quando suo padre fu ucciso, l’11 luglio del 1979, Francesca Ambrosoli aveva solo 11 anni. Oggi, che è madre di tre figli e a oltre quarant’anni di distanza dai quei tragici avvenimenti, ha deciso di scrivere un libro, “Giorgio Ambrosoli” (San Paolo), per raccontare il suo percorso fatto di dolore, orgoglio e memoria.
La storia di Giorgio Ambrosoli, per molti “L’eroe borghese”, dal titolo del libro di Corrado Stajano, una pietra miliare della letteratura civile, è una storia che ci appartiene.
Quello che però conosciamo di quest’uomo è solo il lato pubblico, la figura del liquidatore della Banca privata del bancarottiere Michele Sindona. L’incorruttibile professionista, serio, fedele allo Stato e alle regole, che non faceva sconti a nessuno e non scendeva a compromessi con la politica corrotta, soprattutto con quella democristiana, che di quella morte ha le maggiori responsabilità. Rimane scolpita nella storia la frase indecente pronunciata in una trasmissione televisiva da Giulio Andreotti: “Ambrosoli se l’andava cercando”.
Giorgio Ambrosoli fu lasciato solo dallo Stato a combattere contro il potere finanziario mafioso, rappresentato da Sindona. Nessuna scorta e nessun aiuto ad eccezione del fidato Silvio Novembre, maresciallo della Guardia di Finanza, che gli faceva anche da scorta.
Le foto pubblicate in questi anni dai giornali ritraggono l’avvocato sempre pensieroso e preoccupato – e se ne comprende la ragione – con l’immancabile sigaretta in bocca. C’è anche un altro Giorgio Ambrosoli, sconosciuto al grande pubblico ma non alla sua famiglia. L’immagine che preferisce Francesca Ambrosoli è diversa da tutte le altre e ritrae il padre sorridente, rilassato, con un farfallino alla moda e uno sguardo curioso.
«Nel libro (scritto con la giornalista Luisa Bove, ndr) ho raccontato mio padre nell’intimità familiare – sottolinea Francesca Ambrosoli -. Gli piaceva giocare con i suoi figli e stava con noi per farci studiare. Amava fare gli scherzi e ci faceva indovinelli. Con Umberto, il più piccolo di noi fratelli, condivideva la passione per il fuoco. E quando era con gli amici, quelli più stretti, era molto simpatico».
«Questo è un libro sui generis – aggiunge Luisa Bove – C’è una memoria di famiglia che si affianca a quella pubblica, un passaggio altrettanto importante, come descrive il sottotitolo. Il dolore, l’orgoglio e la memoria fanno parte del percorso di Francesca».
Nel salone di Villa Recalcati alla presentazione organizzata da Libera ci sono anche i nipoti di Giorgio Ambrosoli, Stefano e Giorgio, che non hanno mai conosciuto il nonno se non attraverso i libri e i racconti della madre e degli amici. Antonella Buonopane, referente di Libera per la provincia di Varese, chiama Stefano sul palco, aprendo una riflessione importante: che tipo di esempio può essere per i giovani di oggi Giorgio Ambrosoli? «Mi è capitato di incontrare studenti che avevano intrapreso la strada professionale ispirati dalla storia di mio padre che dunque è ancora molto attuale» risponde Francesca. Ma è la presenza di Stefano a segnare il passaggio generazionale della memoria famigliare.
«Quando avevo 18 anni ho partecipato alla commemorazione dell’11 luglio a Milano – racconta Stefano – e ho scritto una lettera con il mio linguaggio, quello di un ragazzo arrivato nato vent’anni dopo quella morte, per dare il mio contributo alla costruzione di una memoria collettiva. Penso che i giovani vivano la responsabilità del loro tempo. Per me è stato un privilegio».
A Villa Recalcati la presentazione del libro “Giorgio Ambrosoli”, una storia che riguarda tutti noi
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