Più di 500 persone tra le vie di Luino per il 25 aprile: “O la Repubblica Italiana è antifascista, o non è la nostra”

A dirlo, Marco Fazio, vicepresidente di Comunità Montana Valli del Verbano e sindaco di Germignaga. Seguito da Bianchi: "Dobbiamo dichiararci antifascisti"

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Oggi, in occasione del 79esimo anniversario della Liberazione, più di 500 persone hanno percorso le strade del centro cittadino di Luino. Accompagnati dalle bandiere tricolori e dalle melodie della Musica Cittadina “M° Pietro Bertani”, hanno reso omaggio ai caduti e hanno espresso la volontà di mantenere viva la memoria del passato.

Il corteo, caratterizzato da un “silenzio eloquente”, ha manifestato il desiderio di commemorare senza dimenticare, con un piede nel passato, ma anche uno nel presente. Dalla sede del Comune al monumento di Garibaldi, il lungo corteo si è infine diretto verso piazza Risorgimento, dove sono intervenuti il dirigente scolastico Natale Bevacqua, il vicepresidente della Comunità Montana Valli del Verbano e sindaco di Germignaga, Marco Fazio, e il sindaco di Luino, Enrico Bianchi.

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Particolarmente commovente è stato il contributo dell’Ente Nazionale Sordi, che ha interpretato l’Inno d’Italia con la lingua dei segni, arricchendo ulteriormente il momento di raccoglimento.

«(…) Ricordo ancora i racconti di mia madre, giovane donna contadina calabrese che da bambino mi raccontava i soprusi che avevano vissuto in un contesto di assoluta mancanza di libertà, ma mi raccontava anche la voglia di riscatto, e successivamente di perdono, che da semplice donna fortemente cattolica esprimeva anche nei confronti di coloro che avevano contributo a far perpetrare quei soprusi – ha aperto Bevacqua, dopo aver ricordato le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dello scorso 25 aprile e il motivo della presenza a questa commemorazione -. Furono sentimenti semplici di solidarietà, di repulsione contro la crudeltà, a muovere gran parte della popolazione a resistere, a sostenere materialmente i partigiani o l’esercito alleato, a boicottare i nazifascisti, a nascondere in casa un ebreo o un soldato alleato, pur sapendo che questa scelta poteva mettere a rischio la propria vita o quella della propria famiglia. La Resistenza fu quindi un moto di popolo, dove si sperimento l’incontro e la collaborazione tra le grandi forze popolari, tra le diverse posizioni e culture politiche. Nel momento più buio e drammatico della nostra storia, molti italiani, a prescindere dalle appartenenze politiche, culturali e religiose, risposero prima di tutto alla loro coscienza per opporsi alla violenza, alla dittatura, all’ingiustizia, in nome della libertà. Resistere fu anzitutto un’assunzione di responsabilità personale, talvolta pagata con la vita; una disponibilità al sacrificio, una scelta rischiosa fatta come atto d’amore per sé e per la propria comunità. Un regalo per le generazioni future che sarebbero venute dopo».

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Un’anniversario, come ha successivamente ricordato Fazio, «che va celebrato, raccontato, custodito. Tanto più se il dibattito, la riflessione sull’attualità dell’antifascismo sono vivi; tanto più se l’atteggiamento troppo spesso suggerito, da varie forze politiche è quello di una progressiva tolleranza verso forme nostalgiche, di una progressiva riabilitazione di una delle pagine più nere del nostro passato, della sufficienza o di un’infastidita sopportazione verso chi, come noi oggi, sostiene che il concetto, il valore  di antifascismo debba essere ogni giorno affermato, in quanto elemento fondante del nostro stato. è molto semplice: o la Repubblica Italiana è antifascista, o semplicemente non è la nostra Repubblica, nata dalle lotte resistenziali, dal travaglio del dopoguerra, dal fecondo dibattito della Costituente» ha sottolineato con fermezza Fazio, ricordando poi la figura Giacomo Matteotti.

«Il tema dell’antifascismo non può non richiamare una figura fondamentale, forse colpevolmente poco valorizzata, di cui quest’anno ricorre il centenario della morte, avvenuta per mano di sicari fascisti e rivendicata, con un atto cinico e spietato, da Mussolini, nel suo famigerato discorso del gennaio ‘25. Parlo di Giacomo Matteotti – ha continuato Fazio -. Egli, come scrive lo storico Luzzatto, “Capì per primo la forza distruttrice del fascismo, ma fu solo nella lotta”. Monito importante, anche di fronte alle divisioni che spesso animano la nostra politica. Di fronte al rischio di rigurgiti fascisti, e non intendo solo quelli che si palesano nelle concrete manifestazioni politiche, ma anche sul “solo” versante culturale, non vi può essere spazio per divisioni e distinguo. Matteotti intuì precocemente la pericolosa forza seduttiva del fascismo, strumento per opportunisti, per prevaricatori e violenti, per chi cerca la soluzione più semplice, per chi insegue il potere e ne abusa. A questo rispose con uno straordinario coraggio, ma anche con un’azione politica fatta di coerenza, competenza e quello straordinario coraggio che emerse nel discorso che lo portò alla morte. Una lezione, quella di Matteotti, che è la risposta alla crisi della politica, che insieme alle nostalgie per il passato è un’altra minaccia alla democrazia. Ma perchè, o meglio per chi siamo qui? Se c’è un pubblico cui dobbiamo rivolgere queste riflessioni, cui dobbiamo tramandare questi fatti, quello sono i nostri ragazzi. è bello che in questi anni l’ANPI, che ringrazio per il continuo e appassionato impegno a difesa della democrazia, stia dimostrando particolare attenzione al mondo della scuola. Voglio concludere con una riflessione, che mi è stata suggerita da un discorso introduttivo sd un concerto di Roberto Vecchioni. Molti dei partigiani che diedero la vita erano giovani. E spesso la tentazione, la tendenza, è quella di pensare che i ragazzi di oggi siano diversi, senza passioni, senza valori. Un pensiero pericoloso. Se crediamo in quello che diciamo, in quello che vogliamo tramandare, dobbiamo avere fiducia in quelli cui ci rivolgiamo. Altrimenti parliamo per tradizione, per consuetudine. Da questo palco, insieme a tutte le istituzioni, dunque, ci rivolgiamo a voi, ragazzi. A voi trasmettiamo il testimone dei valori che trovano affermazione nella nostra Costituzione, con la fiducia che ognuno di voi sappia portare il proprio contributo alla loro concreta realizzazione, con la fiducia che ognuno di voi si senta in dovere di affermare e celebrare un’Italia libera, democratica, solidale e antifascista».

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Bianchi, rimanendo fedele alla stessa linea, è poi ritornato con le parole al presente: «in questi tempi è tornato in auge un revisionismo pernicioso, si sentono spesso parole come “il fascismo ha fatto anche cose buone, in fondo portò ordine e sicurezza, c’erano tutele sociali, si costruire case e strade (che poi andarono distrutte per la guerra). Tutte falsità, dobbiamo avere il coraggio di dirlo con fermezza. Studi storici obiettivi e testimonianze di nonni e genitori lo hanno descritto e raccontato; e poi perchè metterlo in discussione ora? Un grande uomo della Resistenza, il presidente della repubblica Sandro Pertini, che tutti ricordiamo con affetto, ci ricordò che Resistenza significa libertà e che non può esistere liberta senza Giustizia Sociale (…). Giustizia Sociale: concetto permettetemi di ricordarlo con forza – ha detto ancora bianchi – ritenuto sorpassato eppure valore imprescindibile, eredità della lotta partigiana. Dobbiamo anche ricordare in questo 25 aprile, proprio perché siamo in prossimità delle elezioni dell’8 e 9 giugno, che anche l’unione Europea è nata dalla Resistenza. È nata dal contributo di sangue di una generazione che aveva vissuto i tempi delle dittature, dei nazionalismi, delle guerre e delle grandi persecuzioni e deportazioni. Dodici anni più tardi su ispirazione di tre grandi uomini: Schuman, Adenauer e De Gasperi, si iniziò a costruire La Comunità Europea. Grandi figure di cui, mai come ora, sentiamo la necessità e ne soffriamo la mancanza. Si, proprio noi che abbiamo potuto godere della Pace in tutti questi anni (…). Quando pensiamo al 25 aprile dobbiamo ricordare tutta la storia che ha condotto alla guerra di liberazione. Ma è bene relazionare il tutto con i nostri tempi per comprenderne l’insegnamento Per prima cosa togliamo, fughiamo ogni incertezza. Dobbiamo dichiararci antifascisti, non esiste l’afascismo o altro. Poi si finisce per accreditare una nuova interpretazione del fascismo e della storia e ci si saluta col braccio alzato. Partecipiamo alle celebrazioni del 25 Aprile, non facciamo distinguo, la guerra Alleata e Partigiana ci ha condotto alla Costituzione antifascista e su questa abbiamo giurato e da Questa derivano tutte le leggi che regolano e normano ogni attività del nostro Paese. Ricordiamo oggi chi lottò e morì per la libertà e la democrazia ma ricordiamo anche chi oggi vuole libertà, indipendenza e democrazia. Il nostro pensiero porta inevitabilmente al popolo ucraino e al popolo palestinese. Ultimo pensiero che desidero condividere con voi ora con queste parole, sono di Enzo Biagi grande giornalista voce autorevole dei nostri tempi: “Una certa Resistenza non è mai finita. C’è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certi servilismi, a certe promesse.” Ricordiamolo ogni giorno. Viva la Repubblica, viva la Resistenza, viva la Costituzione, viva l’Italia».

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Per concludere la commemorazione, prima che una delegazione si recasse alla Gera per rendere omaggio ai Caduti dell’eccidio dell’ottobre 1944, alcuni studenti dell’ISIS “Città di Luino” hanno recitato alcune poesie e la sindaca e il presidente del consiglio comunale dei ragazzi e delle ragazze hanno letto “Ho dipinto la pace” di Talil Sorek.

Alla manifestazione erano presenti i sindaci e rappresentanti delle città di Luino, Germignaga, Brezzo di Bedero, Brissago Valtravaglia, Montegrino, Agra, Dumenza, Cremenaga, oltre all’ANPI Luino, autorità civili, militari e religiose, rappresentanti delle associazioni d’arma e dei combattenti, nonché rappresentanti delle forze dell’ordine e del mondo sociale.

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Pubblicato il 25 Aprile 2024
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