Kabum aiuta gli artisti della Palestina
Arte e solidarietà a Varese dove l'asd affiliata a UISP ha mandato in scena uno spettacolo per sostenere la Friends of Palestinian Circus School
Il 16 marzo e il 21 aprile sono state due serate molto speciale per Kabum – asd affiliata Uisp – perché frutto della volontà di aderire alla campagna nazionale e internazionale Circus for Palestine, lanciata nel mese di dicembre da AltroCirco, dopo un incontro online “Call from Gaza” a cui Kabum ha partecipato e dove i rappresentanti delle scuole palestinesi hanno condiviso la drammatica situazione in cui stanno vivendo.
L’intero ricavato delle iniziative, sia il cappello dello spettacolo sia il bar, sono andati all’associazione Friends of Palestinian Circus School, che è stata fondata per sostenere la Palestinian Circus School, così da creare un fondo per la ricostruzione delle scuole di circo palestinesi e rilanciare, non appena sarà possibile, progetti di circo sociale per bambini e ragazzi che saranno di fondamentale importanza per elaborare i
traumi e ricostruire il senso di comunità.
Il primo spettacolo andato in scena è stato “Musica maestro”, perché l’amico e insegnante Lorenzo e la sua compagnia Auriga Teatro, con Veronica e Andrea, volevano anche loro da tempo fare uno spettacolo di raccolta fondi per sostenere dei progetti umanitari nella striscia di Gaza e così il connubio è nato spontaneo.
Il secondo è stato “The Bridge”, con Ahamed Kullab, artista palestinese che si è esibito in una performance di danza acrobatica che racconta l’esperienza di un giovane cittadino palestinese che tenta di oltrepassare la frontiera.
L’iniziativa è la risposta di Kabum alla difficile domanda: “Cosa possiamo fare noi?”
«Troppe volte di fronte ai drammi delle guerre o alle scelte di politici al potere, che ci condizionano e in alcuni casi ci cambiano la vita, ci sentiamo impotenti e privi di risorse – è la risposta di Alessandra Pessina di Kabum – Per quanto faccia male vedere e sentire ogni giorno le notizie della vita di migliaia di civili che peggiora quotidianamente, ci sembra molto difficile riuscire a fare qualcosa. Rabbia e frustrazione prendono il sopravvento e reclamano uno spazio per dare voce a chi non ne ha. Ma non è vero che siamo impotenti! Siamo chiamati a svolgere un compito molto prezioso, che è quello di informarci, tenere alta l’attenzione e la memoria perché le tragedie non vengano dimenticate; testimoniare, sostenere progetti che onorano la vita e creano consapevolezza; farci coscienza critica e aprire gli occhi, perché il nostro governo e l’Europa intera stanno sostenendo in questo momento un genocidio e le nostre scelte politiche quotidiane sono l’arma di rivoluzione pacifica che ancora ci resta».
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