«Pensare bene al futuro, per un futuro più bello», il nuovo libro di Luca De Biase a Glocal 2024
In "Apologia del futuro", l'autore invita i lettori a pensare al futuro in un modo differente e sprona i giornalisti a raccontare il mondo aiutando il loro pubblico in questo percorso
Il futuro può apparire negativo, ma se si comincia a pensare bene a quello che potrebbe verificarsi, è possibile costruire insieme un futuro migliore. Ne è convinto Luca De Biase, autore di Apologia del futuro. Il giornalista ha raccontato il suo libro giovedì 7 novembre al Festival Glocal di Varese intervistato da Michele Mancino, vicedirettore di VareseNews.
Il libro ruota intorno a una considerazione: il futuro non esiste, esistono invece i nostri pensieri e le conseguenze che generano. «Le nuove generazioni – afferma De Biase – vedono davanti a loro un brutto futuro. Tra guerre, riscaldamento globale e perdita di biodiversità, ci sono tanti segnali che invitano a questa conclusione. Si tratta però di un salto logico che ignora la nostra capacità di leggere questi segnali e interpretarli senza adottare una narrativa negativa a priori. Attraverso i nostri pensieri, noi possiamo avere conseguenze sul futuro e costruirne uno migliore».
Un obiettivo che secondo l’autore si può raggiungere solo se si ripensa la società in cui viviamo. «Il contesto neoliberista attuale – sottolinea De Biase – ci ha portato a considerarci come individui in grado di “fare da soli”, ma non possiamo combattere da soli contro le avversità di ogni giorno, che ci impediscono di pensare al futuro. Bisogna quindi scoprire di nuovo quella intelligenza collettiva che ci mette in relazione con le altre persone».
Ed è qui che il giornalismo trova il suo ruolo. «Per realizzare il bene della collettività – rimarca l’autore –, è necessario costruire un’opinione in comune, ma ancora prima bisogna arrivare a riconoscere dei fatti in comune. Il giornalista è simile a un artigiano, che deve ricercare e raccontare i fatti in maniera trasparente al proprio pubblico, a differenza delle grandi piattaforme che presentano le informazioni in modo banale e polarizzante».
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