Fiorella e quei giorni da bambina sfollata a Marchirolo

Di famiglia milanese, si rifugiò nelle valli varesine per sfuggire ai frequenti bombardamenti sulla grande città. I giorni sereni diventarono tragedia il 20 gennaio 1945, quando la madre morì colpita durante un mitragliamento aereo su un treno a Gallarate

Marchirolo sfollati

Fiorella Macchi è tornata a Marchirolo nel 2024, in un giorno di sole e di freddo, accompagnato dalla figlia e dal nipote.
Erano passati 79 anni dal giorno in cui aveva visto per l’ultima volta quel paesino in mezzo ai boschi e ai monti del Varesotto.

Fiorella, milanese, ci ha lasciati il 6 maggio 2024.
Da bambina era diventata una “sfollata”: la sua famiglia, da Milano, aveva deciso di trasferirsi a Marchirolo, per sottrarsi al rischio dei bombardamenti aerei sulla grande città, in particolare a quelli terroristici, che puntavano a colpire la popolazione civile per provocare una rivolta e la resa (una pratica teorizzata per la prima volta da un generale italiano e poi applicata da tutti: prima da italiani e tedeschi in Spagna, poi dagli Alleati).

Nell’agosto del 1943 gli aerei della Raf – l’aeronautica inglese – avevano bombardato a tappeto la città, cercando di distruggerla completamente con la tecnica della “tempesta di fuoco”. L’operazione fallì a Milano – mentre riuscì a Dresda e su diverse città del Giappone – ma la città ebbe danni enormi, centinaia di vittime, servizi pubblici interrotti per settimane.

La famiglia Macchi aveva deciso in quel momento che per mamma e bambine – Fiorella di dieci anni, Giuliana di dodici –  era meglio lasciare Milano, mentre il padre rimase a Milano.
«Ad agosto [1943, ndr] quando ci sono stati i grandi bombardamenti siamo andati a Marchirolo», raccontava Fiorella nel 2024. «Abbiamo preso il treno fino a Varese, poi il “trenino bianco”».

Lo “sfollamento” era un fenomeno di massa, che tocco migliaia di persone. A volte ci si trasferiva poco distante dalla città, ad esempio nei paesini della Brianza (Cormano, Palazzolo, Paderno Dugnano) che oggi sono quasi periferia di Milano. A volte invece toccava allontanarsi di più, come accadde – per fare un esempio – alle famiglie dei futuri comici Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto, che vivevano in quel periodo in due corti del paese di Gemonio. I paesi scelti dagli sfollati erano di solito lungo una linea ferroviaria, come appunto nel caso di Marchirolo, dove si poteva arrivare con il trenino che partiva dalla stazione Fs di Varese e andava a Ponte Tresa.

Marchirolo sfollati
Fiorella nel centro storico di Marchirolo, nell’unica visita dopo che aveva lasciato il paese da bambina, nel gennaio 1945

La vita da sfollati a Marchirolo

A Marchirolo Fiorella e Giuliana frequentarono le scuole, ospitate allora nello storico edificio che fu anche della scuola tecnica e che oggi invece ospita alcune associazioni locali.
Non solo: durante il periodo di vita nella valle sopra Varese (durato dagli otto ai dieci anni), Fiorella fece anche la Prima Comunione, come testimoniano le foto scattate in quel periodo.

Marchirolo sfollati

La tragedia del mitragliamento a Gallarate

Se lo sfollamento risparmiò a tante famiglie un lutto, la storia della famiglia Macchi si rivelò invece drammatica: il 18 gennaio 1945 mamma Ersilia e papà Luigi festeggiarono il loro tredicesimo anniversario di matrimonio , lei aveva preso il trenino ed era tornata a Milano: le memorie famigliari tramandano di una serata di libertà, uno spettacolo al Teatro Nuovo di piazza San Babila, ancora integro e attivo in mezzo alle case bombardate.

Il 20 gennaio 1945 Ersilia prese il treno Fs per Varese, ma il convoglio fu attaccato da cacciabombardieri statunitensi, che fecero 34 morti e 67 feriti.
Tra loro c’era proprio Ersilia, che venne riconosciuta dal marito, che passò a Marchirolo a cercarla e poi la trovò appunto tra le vittime.

Strage a Gallarate: il 20 gennaio 1945 mitragliamento e bombe sul treno da Milano

Le bambine, orfane della loro mamma, tornarono a Milano: «Siamo venuti via subito da Marchirolo, abbiamo continuato la scuola a Milano, dalle suore a Porta Vittoria». A inizio marzo arrivò a Milano un pacco di lettere di cordoglio e affetto, scritte dalle compagne di scuola di Marchirolo, su input delle maestre: un gesto di affetto che ricorda i legami tra bambini in quel difficile periodo di guerra.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 20 Gennaio 2025
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