“Va condannato“: chiesti 6 anni e sei mesi per i colpi a mano armata a Brusino Arsizio
Il difensore non ci sta: l’uomo, 40 anni, già giudicato 4 anni fa dal tribunale svizzero. I racconti in aula delle vittime: “Abbiamo ancora paura”

Rapine grosse, anche oltre i 50 mila franchi, e violente, senza paura di spianare la pistola – un vero e proprio “cannone“ di fabbricazione jugoslava – in faccia agli atterriti commessi di quei distributori che punteggiano la linea di confine, gente che ancora oggi a parlarne prova paura.
Per quei colpi agli uffici di cambio valuta che coabitano spesso le stazioni di rifornimento di Brusino Arsizio (a un passo da Porto Ceresio), tre, fra il 2017 e il 2018 la pm Maria Claudia Contini ha chiesto la condanna a 6 anni e 6 mesi e 1200 euro di multa per l’unico imputato del procedimento in corso a Varese dinanzi al Collegio dal momento che il complice ha già avuto una pena con rito abbreviato.
E su temi di diritto legati al “giudicato“ e alla natura dei reati il difensore Corrado Viazzo ha invece invocato il concetto dell’impossibilità di venir giudicati due volte per lo stesso fatto: l’imputato finito a processo a Varese, classe 1984 e con degno pedigree criminale è stato infatti già condannato a 3 anni e 10 mesi ed espulsione per 7 anni dal territorio svizzero nel settembre 2021: «Per questo invoco il “ne bis in idem“, principio che può applicarsi anche a livello internazionale e in special modo anche alla Svizzera, Paese che non è nell’Unione Europea ma che aderisce alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e vanta accordi bilaterali con l’Italia proprio su questi temi», ha ricordato difensore che ha invocato l’assoluzione o in subordine la valutazione del reato in continuazione (che attenua la posizione dell’imputato) per l’altro reato contestato, quello di “ricettazione“.
Il meccanismo delle rapine – recitano gli atti di accusa – era difatti piuttosto diretto nella sua esecuzione ma anche nei periodi preparatori: bastava rubare un’auto, magari fuori provincia, per poi sottrarre targa ad un’altra vettura del medesimo modello, in questo caso una Fiat 500 per poi entrare in territorio svizzero in maniera pulita, senza che i varchi “alert“ delle forze dell’ordine in Italia potessero far scattare l’allarme per il passaggio di veicoli rubati.
Con questo sistema il duetto composto dall’imputato e dal complice entrava a pistola spianata e chiedeva i soldi ai dipendenti dei cambiavalute: 52.800 franchi il 7 aprile 2017, 25mila franchi fra contanti e valori il 5 novembre dello stesso anno e 13mila franchi il 4 aprile 2018. Tutto fermato grazie al grande lavoro della squadra Mobile della polizia di Varese. La decisione imprimo aprile.
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
GianPix su Un quaderno per chi ne ha bisogno: arriva a Varese lo “zaino sospeso”
Felice su Varese è la “capitale dei cani” in Insubria: oltre 9mila gli amici a quattro zampe registrati
lenny54 su Anche Laveno rompe il silenzio su Gaza
Felice su Anche Laveno rompe il silenzio su Gaza
fracode su Varese ancora in piazza per la Palestina: "Rompiamo il silenzio contro il genocidio"
Giuseppe Mantica su Un futuro nella musica per il cardiologo dell’ospedale di Gallarate Giovanni Gaudio in pensione a fine anno
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.