Rapine al confine, l’imputato ha già pagato il conto in Svizzera: assolto a Varese
Passa il concetto giuridico del “ne bis in idem“ invocato dalla difesa. I colpi contestati erano tre con tecniche da commando

Nessuna condanna per lo stesso episodio se hai già pagato il conto con la giustizia, massima che le toghe trasformano in brocardo quando invocano il ne bis in idem: è quanto deciso dal collegio di Varese che martedì ha assolto un quarantunenne varesino dall’ampio retroterra criminale.
Un cv di tutto rispetto fatto di rapine a mano armata che ha superato i confini della giustizia italiana, difatti l’uomo ha già scontato 3 anni e 10 mesi e l’espulsione per 7 anni dal territorio svizzero nel settembre 2021.
Un particolare che non è sfuggito al difensore, avvocato Corrado Viazzo, che ha invocato l’applicazione del principio valido a suo dire anche a livello internazionale (a Varese, in applicazione al diritto domestico, per esempio un caso famoso di applicazione del ne bis in idem si è avuto per il processo per omicidio della moglie di Giuseppe Piccolomo, giudicato una prima volta pochi anni dopo i fatti e assolto in Appello per il processo bis che lo aveva invece nuovamente condannato a Varese in corte d’Assise).
E così è stato con la decisione del Collegio. La pm aveva chiesto invece una condanna a 6 anni e 6 mesi.
Una pena importante per colpi eseguiti con tecniche da commando, armi alla mano che incutevano terrore nei dipendenti dei benzinai che a Brusino Arsizio, come in tutto il Ticino, spesso fungono da cambiavalute. Loro, incappucciati, armati, pretendevano; le vittime, zitte, aprivano la cassa e consegnavano il denaro.
Un secondo elemento che ha influito sull’esito processuale ha riguardate la riqualificazione di un reato in furto che per la procedibilià prevede la querela di parte, che nel procedimento in questione era assente.
(immagine di repertorio)
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