Per il tentato omicidio di Arcisate col fucile chiesti 16 anni
I fatti nel gennaio del 2024, quando all’esterno di un bar vicino alla stazione venne esploso un colpo di fucile da caccia

Duecentocinquantamila euro di risarcimento alla parte civile patrocinata dall’avvocata Elisabetta Brusa e una condanna a 16 anni di reclusione richiesta dal pubblico ministero. È a un passo dalla sentenza il processo per il tentato omicidio di Arcisate, avvenuto nel gennaio 2024 all’esterno di un bar non distante dalla stazione del paese della Val Ceresio. Un litigio, a quanto pare legato a una risposta mal data, degenerò fino allo sparo.
Quella sera, un venerdì, venne esploso un colpo d’arma da fuoco: a sparare fu un fucile da caccia calibro 12, che colpì la vittima quasi a bruciapelo nella zona addominale. I soccorsi furono immediatamente allertati e l’uomo arrivò in codice rosso al pronto soccorso dell’ospedale di Varese. Dopo una lunga degenza, venne dimesso, ma nei primi giorni lottò tra la vita e la morte.
Nel frattempo, i carabinieri avevano attivato un dispositivo di ricerca per individuare il sospettato, che si era allontanato a bordo di un’auto bianca con targa svizzera. Grazie all’operato del penalista Corrado Viazzo, fu possibile eseguire il fermo dell’indiziato, poi non convalidato, ma che aprì comunque le porte della custodia cautelare per l’uomo.
Nell’udienza di martedì, la discussione ha portato alla richiesta di una pesante condanna per l’imputato. L’arringa difensiva È partita dall’assunto di una qualificazione del reato da tentato omicidio a lesioni gravi, maturando poi da parte del difensore nella richiesta del minimo della pena e dell’abbattimento delle aggravanti contestate, «fuori della vostra personale cortesia sento l’aula contraria», ha esordito Viazzo citando De Gasperi alla conferenza di pace in rappresentanza del Paese al termine della Seconda Guerra mondiale, insistendo sulla non congruità della pena richiesta a suo dire dall’accusa: «Troppo elevata». La sentenza il 1 aprile.
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