Accessibilità web: le PMI hanno tempo fino al 28 giugno per adeguarsi
Entro il 28 giugno 2025 tutte le PMI europee saranno obbligate a rendere i propri siti web conformi all’European Accessibility Act (EAA). I consigli dello Studio Arancio Cislaghi di Varese
Entro il 28 giugno 2025, tutte le PMI europee saranno obbligate a rendere i propri siti web conformi all’European Accessibility Act (EAA), la direttiva dell’Unione Europea (UE) che stabilisce requisiti di accessibilità per prodotti eservizi digitali. Il termine segna la fine del periodo di transizione, durante il quale le aziende hanno potuto adeguarsi alle nuove normative.
A partire da tale data, quindi, le imprese che non rispetteranno gli standard previsti rischiano sanzioni amministrative, che in alcuni Stati membri possono arrivare fino al 5% del fatturato annuo risultante dall’ultimo bilancio depositato. Di seguito l’approfondimento sul tema proposto dallo Studio Arancio Cislaghi di Varese.
Servizi digitali: i nuovi obblighi UE di accessibilità
L’EAA si applica a tutte le imprese che offrono prodotti o servizi nel mercato unico europeo, indipendentemente dalla loro sede legale. In Italia, la normativa è stata recepita con il DLgs n. 82/2022, che estende l’obbligo di accessibilità anche a molte PMI, inclusi i siti web aziendali, le applicazioni mobili, le piattaforme di e-commerce e i terminali self-service come gli sportelli bancomat.
Le aziende devono garantire che i propri siti web siano accessibili a tutte le persone, comprese quelle con disabilità temporanee o permanenti, come deficit visivi, uditivi o motori. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario conformarsi alle linee guida WCAG 2.1 livello AA, che stabiliscono criteri per la percepibilità, l’operabilità, la comprensibilità e la robustezza dei contenuti digitali.
Sanzioni per gli inadempienti
Le sanzioni per la mancata conformità variano a seconda del Paese membro. In Italia, le imprese che non rispettano i requisiti dell’EAA possono incorrere in multe fino a 40.000 euro, mentre per le aziende già soggette alla Legge Stanca (Legge n. 4/2004), le sanzioni possono arrivare fino al 5% del fatturato annuo. Oltre alle sanzioni pecuniarie, le imprese rischiano anche il mancato accesso a bandi pubblici o finanziamenti europei, che spesso richiedono la conformità alle normative di accessibilità.
Adottare pratiche di accessibilità offre comunque dei vantaggi competitivi, rendendo le imprese capaci di operare in un mercato UE che conta oltre 80 milioni di persone con disabilità: rendendo i propri servizi accessibili, possono raggiungere un pubblico decisamente più ampio. Un sito web accessibile è anche più facile da navigare, aumentando la soddisfazione degli utenti e la fidelizzazione. I principi di accessibilità, peraltro, ne migliorano la visibilità nei risultati sui motori di ricerca e quindi contribuiscono al loro posizionamento SEO.
Accessibilità dei siti web: come adeguarsi all’EAA
Per conformarsi all’EAA, le PMI e tutte le altre imprese devono per prima cosa eseguire un audit di accessibilità per valutare il proprio sito web rispetto alle linee guida WCAG a cui conformarsi. Segue la necessaria formazione del personale coinvolto (sviluppatori, designer e responsabili IT) e l’implementazione delle modifiche tecniche e strutturali necessarie a garantire l’accessibilità, come l’uso di testi alternativi per le immagini e la navigazione da tastiera.
L’ultimo tassello è quello del monitoraggio: anche l’accessibilità, nel più vasto quadro della compliance tecnica e normativa, è infatti un processo continuo che deve procedere di pari passo con gli sviluppi dell’innovazione tecnologica e l’evoluzione dei prodotti e servizi digitali offerti.
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Peccato che chi offre l’aggiornamento (a pagamento) dei siti non specifichi come l’obbligo riguardi SOLO le aziende con oltre 2 milioni di fatturato oppure oltre 10 dipendenti.
Tra gli ulteriori casi di esenzione dall’obbligo vi sono:
– Casi in cui la conformità richiederebbe una “modifica fondamentale” di un prodotto o di un servizio.
– Situazioni in cui il rispetto della normativa imporrebbe un “onere sproporzionato” agli operatori economici interessati.
– Tipi specifici di contenuti preesistenti su siti web e applicazioni mobili.