Elsa Fornero a Varese: “Abbiamo tolto futuro ai giovani. Ora dobbiamo restituirglielo”
Abbiamo incontratol'economista ed ex Ministro del Lavoro a margine dell’incontro “Il futuro comincia in classe”, organizzato dal movimento DrinDrin al MIV di Varese
L’Italia ormai da troppo tempo non pensa ai giovani, concentrandosi soprattutto sulle generazioni anziane, non investe nella scuola, che è fondamentale per dare un futuro alle nuove generazioni, ed è dominata dal “Presentismo”, la malattia della Politica attuale.
Sono le considerazioni amare ma piene di speranza, dell’economista ed ex Ministra del Lavoro Elsa Fornero, che abbiamo incontrato a margine dell’incontro “Il futuro comincia in classe”, organizzato dal movimento DrinDrin al MIV di Varese intervistata da Valentina Callegaro, in una sala piena e attenta. Fornero ha riflettuto con noi sull’Italia, sulle disuguaglianze generazionali e sul ruolo centrale dei giovani nel ripensare il futuro del Paese.
Docente di Economia politica all’Università di Torino, Elsa Fornero è nota per i suoi studi sul sistema previdenziale e per la riforma delle pensioni varata nel 2011 durante il governo Monti. Una misura controversa, che ha suscitato forti reazioni ma che mirava, secondo l’autrice, proprio a riequilibrare il peso tra generazioni. Ed è proprio ai giovani che oggi rivolge il suo messaggio più diretto.
Lei ha accettato di partecipare a Varese a una serata rivolta innanzitutto ai giovani: cosa si può dire loro?
«Intanto, che i giovani che si impegnano sono una risorsa preziosa per il Paese, e meritano attenzione – esordisce Fornero – Ma anche quelli che oggi non sono coinvolti vanno ascoltati e accompagnati, perché è importante dare loro occasioni per capire quanto sia fondamentale partecipare alla vita collettiva. L’Italia ha pochi giovani, e quei pochi che scelgono di restare qui, di mettere le proprie energie al servizio del Paese, vanno sostenuti. Personalmente, incontro moltissimi ragazzi e ragazze, in contesti diversi, e da loro ricevo spesso soddisfazione e stimoli».

Possiamo dire che l’Italia, oggi, non pensa abbastanza ai giovani?
«Non solo oggi. Purtroppo, è un problema strutturale: per molto tempo il nostro Paese ha guardato più alle fasce d’età medie o anziane, per vari motivi, anche comprensibili. Ma il risultato è un’attenzione insufficiente verso le nuove generazioni. Lo vediamo, innanzitutto, nel declino della scuola: l’istruzione dovrebbe essere la prima, assoluta priorità se si vuole investire nei giovani. E poi c’è il tema del lavoro: precario, mal pagato, instabile. Questo frustra i giovani, che spesso sono anche più preparati di quanto non richieda il lavoro che riescono a trovare. E questo non è il risultato di politiche recenti, ma il frutto di una miopia accumulata negli anni, che ha privilegiato – per esempio – le politiche pensionistiche a scapito di quelle per l’istruzione o l’occupazione. E i risultati, oggi, sono sotto gli occhi di tutti».
Lei, già molti anni fa, quando era ministro del lavoro, ha fatto una riforma pensionistica criticatissima. che però pensava proprio ai giovani…
«Sì, e capisco che non sia facile da accettare. Per troppo tempo si è dato per scontato che la pensione fosse un diritto intoccabile, senza domandarsi se il paese e in particolare la sua componente giovane, fosse in grado di pagare queste pensioni. È facile in un certo senso difendere dei diritti che altri pagano. Quella riforma ha chiesto sacrifici alle persone meno giovani, ma con l’obiettivo di ridurre uno squilibrio generazionale che si era andato accumulando. So che c’è stata tanta propaganda contraria – a volte anche feroce – però adesso la realtà credo che sia emersa in tutta la sua evidenza, che anche i più ostinati non riescono a nascondere».
Oggi, allora, che motivi possiamo dare ai giovani per convincerli a restare in Italia?
«Dobbiamo dargliene più di uno. Serve dare loro la possibilità di sentirsi bene nel proprio Paese, con un lavoro dignitoso, la prospettiva di costruire una famiglia, di avere figli. È la continuità della vita. Ma per fare questo in effetti ci vogliono prospettive e le prospettive non devono essere schiacciate sul presente. Il presentismo è uno dei grandi mali del nostro paese. Non solo del nostro paese, direi che è uno dei mali della politica dell’era. contemporanea».
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Una di quelle persone che, assieme a Monti, tanti Italiani avrebbero preferito che … si occupassero di tutt’altro che di politica, diciamo così?
Per favore Dottoressa Fornero non è più necessario che faccia altro, ha già fatto abbastanza, molti pensionati la ricordano.
Chissà se la sua pensione è basata sul suo sistema contributivo.?!?!?!
Vorrei però ricordare che i vari governi suceduti dopo la riforma Fornero non sono stati in grado di “mandarla in pensione”. A parte qualche intervento “elettorale” e “di slogan” tipo quota 100, tutti limitati nel tempo e poi modificati in peggio, nessuna modifica sostanziale e duratura è stata fatta. Da nessuno. Il risultato è che chi è a pochi anni dal raggungimento della pensione in realtà non sa come e quando potrà andarci. Quale è la proposta di riforma dell’attuale maggiornaza? E’ più vantaggiosa delle regole Fornero?