Varese, tre progetti per ridare lavoro e dignità alle donne vittime di violenza
Finanziati dalla Regione Lombardia, i programmi “Era”, “Dea” e “Free Women” offrono percorsi di formazione e inserimento lavorativo. Obiettivo: autonomia e ripartenza
																			
                        
						
						
						
						Tre progetti, tre percorsi diversi, un obiettivo comune: restituire autonomia e dignità a donne che hanno subito violenza, aiutandole a rientrare nel mondo del lavoro e a ricostruire un progetto di vita. Accade a Varese, dove Regione Lombardia ha destinato risorse mirate a tre realtà territoriali attive nel contrasto alla violenza di genere.
Si tratta del progetto “Era”, promosso dal Consorzio CSeL, di “Dea”, curato dalla Fondazione Felicita Morandi, e di “Free Women”, attivato dalla cooperativa sociale Baobab. Tre iniziative ammesse al finanziamento regionale nell’ambito di una misura complessiva da 3 milioni di euro che coinvolge, in tutta la Lombardia, 22 progetti dedicati al reinserimento lavorativo e ai percorsi formativi per donne in uscita da situazioni di violenza.
I tre interventi attivati nel varesotto sono modelli operativi concreti: propongono corsi di formazione, tutoraggio individuale, supporto psicologico e avvio al lavoro, con il coinvolgimento di imprese, servizi sociali e centri antiviolenza. La finalità non è solo garantire un impiego, ma sostenere un percorso di emancipazione e autonomia, spezzando il ciclo della dipendenza economica e della vulnerabilità.
Il valore di queste progettualità si misura nella capacità di offrire risposte strutturate, con uno sguardo di lungo periodo. Una strategia che punta a rafforzare la rete tra enti pubblici, realtà del terzo settore e imprese, riconoscendo il lavoro come strumento centrale per l’inclusione e la rinascita.
A sottolineare l’importanza di questo approccio è anche l’assessore regionale alla Cultura Francesca Caruso, che ha definito i tre progetti varesini «interventi seri, gestiti da realtà solide del territorio, capaci di rispondere a bisogni reali e che dimostrano che contrastare la violenza significa prima di tutto creare opportunità vere per ripartire».
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