Vicino a Palermo la casa di Peppino Impastato racconta l’antimafia
Arrivano da tutta Italia, anche dalla provincia di Varese, i tanti turisti che visitano a Cinisi la Casa Memoria dedicata a Peppino Impastato, che alla fine degli anni Settanta si ribellò alla mafia, pagando con la vita il suo coraggio
Arrivano da tutta la Sicilia, ma non solo. Giungono a Cinisi anche dal resto d’Italia, dalle regioni del sud, del centro e del nord, provincia di Varese compresa.
Parecchi di loro raccontano di trovarsi vicino a Palermo per vacanza e di aver scelto di destinare qualche ora a quella visita cosi speciale. E impostano il navigatore verso Cinisi, in corso Umberto I, al civico 220: con un poco di timidezza salgono i due gradini di ingresso ed entrano nella Casa Memoria di Peppino e Felicia Impastato.
Sono i tanti visitatori che giungono in questo comune alle porte di Palermo per ascoltare una storia vera, che racconta di un ragazzo e del suo coraggio.
I Cento Passi di Peppino Impastato
Alla fine degli anni Settanta, Peppino Impastato era un giovane militante che, insieme ai suoi compagni, denunziò il radicamento mafioso nel suo paese grazie a Radio Aut, una emittente radiofonica che sbeffeggiava e svelava il modus operandi dei capi mafia.
Fra essi, il boss Tano Badalamenti, zio di Peppino che abitava di fronte a casa Impastato. Nella notte fra l’8 e il 9 maggio del 1978 Peppino fu ucciso, ma le indagini sommersero la verità e parlarono di suicidio. Grazie al coraggio di sua mamma Felicia, nel 2002 Badalamenti fu condannato per l’omicidio di stampo mafioso.
A Casa Memoria, ad accogliere i visitatori ci sono i volontari, spesso anche vecchi compagni di Peppino e lo stesso fratello Giovanni Impastato che, da sempre, ha fatto della narrazione della storia della sua famiglia una missione, portata avanti con tenacia.
“La mafia si combatte con la cultura”
Dall’omicidio per mafia di Peppino sono passati 47 anni, ma in quella casa – dove realmente visse la famiglia Impastato e dove restò mamma Felicia fino alla sua scomparsa nel 2004 – non ci sono fantasmi o meri ricordi.
Chi fece dell’antimafia una scelta di vita, denunciando e sbeffeggiando “Tano Seduto” (il nome con cui a Radio Aut ci si riferiva a Badalamenti, ndr) e pagando con la vita questa scelta, è ancora vivo.
Così come si avverte la presenza di sua mamma, che non abbassò la testa dinanzi alle logiche mafiose, che esigevano vivesse il suo lutto in silenzio.
«Casa Memoria nasce dal coraggio di Felicia, che apri le porte di casa sua e raccontò a chiunque cercasse la verità, la storia di Peppino»: a raccontarlo è Andrea, un 23enne che alla passione per il teatro e ai doveri universitari ha deciso di unire l’impegno in Casa Memoria. È lui che gestisce la fornita biblioteca e racconta ai visitatori cosa accadde dopo la tragica notte fra l’8 e il 9 maggio 1978.

«Ai tanti ragazzi che arrivavano qua, mamma Felicia si raccomandava di studiare con impegno, ripetendo come “La mafia si combatte con la cultura e non con la pistola“. Noi cerchiamo di portare avanti quell’ideale, accogliendo le nuove generazioni: sono 15mila gli studenti arrivati qui quest’anno. A tutti offriamo le parole di Felicia» ricorda Andrea.
Il volontario richiama una delle frasi iconiche di Casa Memoria, riportata in una delle pietre d’inciampo collocate fra quel luogo e la casa di Badalamenti, ora bene requisito alla mafia e destinato a una biblioteca e a una sala conferenze.

Quei “Cento passi” – diventati iconici grazie all’omonimo film di Marco Tullio Giordano e alla canzone dei Modena City Ramblers – che oltre a narrare della vicinanza della casa del capo mafioso, rappresentano il simbolo di quanto il sistema mafioso sia “vicino” e si insinui nel quotidiano. Ancora oggi, come allora.
E allora occorre tenere gli occhi aperti e ricordare cosa avvenne.

La bellezza dei giovani volontari di Casa Memoria
Accanto ad Andrea ci sono Veronica, 20 anni, e Antonella, di 25: belle e dal sorriso fresco di giovinezza, stanno svolgendo il Servizio civile a Casa Memoria. Interrogate sul valore di questa esperienza, rispondono con spontaneità di quanto sia importante incontrare gente che arriva da tutta Italia e poter raccontare loro di cosa fecero Peppino e Felicia Impastato.

Si tratta di tre ragazzi come gli altri e, fuori dai turni in associazione, vanno in spiaggia, si dedicano agli amici e a gustare questa fetta d’estate siciliana. Ma poi, con convinzione, arrivano a Cinisi e aprono le porte a chiunque voglia ascoltare questa storia.
Andando via da Casa Memoria sono i loro occhi ciò che ci si porta via, insieme dall’emozione di poter percorrere quei Cento Passi: sguardi genuini, ma convinti di impegnarsi contro la mafia. Felicia e suo figlio Peppino non sono fantasmi o ricordi fumosi: sono ancora vivi, proprio grazie a questi ragazzi.
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