A Chiasso una Venere ferita e rinata: il nuovo murale di Andrea Ravo Mattoni
Lo street artist di Varese ha realizzato una nuova opera ispirata a La Venere di Botticelli per la terza edizione di Urban Art Chiasso

Un grande murale nel cuore di Chiasso, firmato da uno degli artisti urbani, di Varese, tra più noti in ambito europeo. Torna Urban Art Chiasso, la rassegna promossa dal Comune, che per la sua terza edizione affida ad Andrea Ravo Mattoni la realizzazione di un’opera carica di poesia, ispirata al tema della malattia e della trasformazione.
(foto sopra di repertorio)
La terza edizione di Urban Art Chiasso
L’evento, organizzato dal Dicastero Sport e tempo libero del Comune di Chiasso e coordinato da Francesca Cola Colombo, continua a lasciare il segno nello spazio urbano, riqualificando con l’arte luoghi anonimi e trasformandoli in spazi di riflessione e bellezza. Per l’edizione 2025 l’intervento si concentra in Corso San Gottardo 109, nel pieno centro della città. A sostenere l’iniziativa anche Artrust, mentre l’ispirazione nasce da IMPERFECT, associazione no profit impegnata a raccontare la malattia attraverso l’arte, e a trasformare la ferita in bellezza.
“Nel silenzio della conchiglia, la forza della rinascita”
È questo il titolo scelto da Andrea Ravo Mattoni per il grande murale realizzato con la tecnica dello spray. L’opera rilegge in chiave contemporanea La nascita di Venere di Botticelli.
“In questa reinterpretazione della Nascita di Venere, la figura femminile si staglia sola, potente, al centro di uno spazio svuotato, privo dei personaggi che tradizionalmente la accompagnano. È un vuoto che non parla di assenza, ma di resistenza. È lo spazio del coraggio, della solitudine trasformata in forza, della malattia attraversata con dignità. La conchiglia che la sostiene — fragile involucro, rifugio simbolico, anima visibile — porta su di sé le ferite del tempo. Crepe che non sono state nascoste, ma ricucite con l’oro, secondo l’antica pratica giapponese del kintsugi. Una pratica che non cela la rottura, ma la sublima, rendendola parte integrante della bellezza e della storia dell’oggetto. Così come le cicatrici lasciate dalla malattia possono diventare segni di luce, non di perdita, ma di trasformazione. Questa Venere non nasce solo dalle acque, ma dalla lotta. E nel vuoto che la circonda si apre la possibilità di accogliere: ogni persona che ha attraversato la sofferenza, ogni voce che si unisce alla sua, ogni gesto di solidarietà. Ed è proprio lo spettatore, con il proprio sguardo, a colmare questo vuoto. È chi osserva che completa l’immagine, che si riflette in essa, che offre presenza, vicinanza, umanità. Nel cuore del suo sguardo, e nell’oro che sutura la conchiglia, vibra una verità semplice e profonda: la bellezza non è intatta, è vissuta. E nel suo silenzio, ci chiama a esserci”.
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