Lo strano caso della gattina portata via da un’estranea dalla sua casa di Brinzio e poi soppressa
La denuncia dell’amministrazione: martedì l’animale, privo di microchip, è stato prelevato dalle vicinanze di un’abitazione per via delle condizioni di salute. Una vicenda dolorosa che solleva domande su microchip, possesso e tutela degli animali domestici

Una micia con qualche acciacco, accudita da una famiglia di Brinzio, viene notata da un’estranea che l’avrebbe prelevata e, adducendo di esserne la proprietaria, ne avrebbe causato la soppressione per mano di un veterinario della zona. I contorni sono volutamente sfumati, poiché spetta eventualmente alle autorità fare piena luce sul caso, ma il tema di fondo è di sicuro interesse, a partire dal dato che incorona la Lombardia come la prima regione italiana per numero di cani e gatti registrati.
Ma a chi spetta curare un animale domestico, sebbene privo di microchip? Chiunque può, in assenza di registrazione, appropriarsene dichiarandosi proprietario? O vale la regola del “possesso” determinato dal fatto che lo si nutra e lo si accolga in casa? Questione da avvocati, anche se in merito al possesso il codice civile è chiaro: «Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa». Concetto ribadito dall’avvocata del foro di Varese Monica Mina (al centro di un caso, quest’estate, legato proprio al suo gatto, perso e poi ritrovato), che spiega come in Lombardia esista e sia attiva l’anagrafe felina, ma che a prescindere dal microchip un soggetto possa comunque essere riconosciuto come proprietario di un animale domestico facendo valere il possesso.
Nel frattempo, però, nella piccola Brinzio, la vicenda è passata di bocca in bocca: la micia di cinque anni, Maluca, non c’è più. La storia è emersa da una mail di un consigliere comunale inviata a Varesenews. Il mittente, che preferisce non comparire direttamente, contattato dal giornale si qualifica come «rappresentante dell’amministrazione comunale» – quale è in realtà – e racconta la vicenda nei termini che seguono:
«Nella giornata di martedì 30 settembre a Brinzio una donna, qualificatasi come residente in un paese limitrofo, si è impadronita di un gatto presso un’abitazione».
La famiglia proprietaria del gatto «è riuscita a risalire all’identità della donna e a contattarla. Costei, per telefono (con un tono descritto come arrogante), ha candidamente affermato di aver consegnato la povera bestia a un veterinario e di averla fatta sopprimere poiché malata, e di sentirsi pienamente legittimata ad averlo fatto, perché “siccome il gatto è sprovvisto di chip, è mio”».
Questo è il punto, l’elemento di interesse pubblico dal quale siamo partiti per narrare questa storia. Il gatto in questione effettivamente soffriva di raffreddore felino e di una malformazione congenita al palato, «ma i padroni avevano deciso di salvarlo e accudirlo, garantendogli una vita pienamente dignitosa e qualitativa», continua il consigliere comunale.
«Inutile dire che la famiglia proprietaria del micio è esterrefatta e abbattuta, e si riserverà di mettere a conoscenza le autorità di quanto accaduto. Al contempo, condividiamo con loro l’esigenza di dare massima visibilità alla vicenda, temendo che la responsabile, al di là dei motivi che la animano, possa nuovamente prodursi in analoghe prodezze. Riteniamo che occorra pertanto sensibilizzare i proprietari di animali domestici della zona a porre la massima attenzione affinché ciò non si ripeta».
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