Un portiere davvero “spaziale”

Jurij da ragazzino era promettente, dotato di visione di gioco, intuito e coraggio. Ma la sua grande passione per il volo e le stelle prese il sopravvento. E Jurij Gagarin divenne famoso in tutto il mondo

alla balaustra portiere spaziale

(d. f.) Prende il via con questo articolo la terza serie di “Alla Balaustra”, la rubrica ideata e scritta da Marco Giannatiempo, curata dalla redazione sportiva di V2 Media/ VareseNews e dedicata alla cultura e alle storie dell’hockey su ghiaccio. Oggi racconteremo la vicenda di un giocatore, anzi di un portiere di hockey molto speciale, oseremmo dire “spaziale”. Il suo nome è Juri Gagarin, proprio “quel Gagarin” che prima di diventare cosmonauta era un appassionato goalie.
“Alla balaustra” ha cadenza quindicinale e viene pubblicata il primo e terzo (ed eventualmente quinto) lunedì pomeriggio di ogni mese. I venti racconti delle prime due stagioni e il box con le puntate trasformate in podcast sono disponibili in fondo all’articolo.

Klušino è un villaggio nell’oblast di Smolensk, in Russia, divenuto noto per la battaglia che ebbe luogo nelle sue vicinanze oltre 400 anni fa. In quell’occasione l’esercito russo-svedese fu sconfitto dalle truppe polacche, evento che segnò la fine del potere dello zar Vasiliy Shuyskiy, potere che passò nelle mani dei boiardi.
Quel paese rurale, ma strategico perché vicino a Mosca, attirò molti anni più tardi l’attenzione dei nazisti che, nell’ottobre del 1941, ne presero il controllo. In particolare, un ufficiale tedesco requisì la casa dei genitori di Jurij, il protagonista della nostra storia. All’epoca il ragazzo aveva solo sette anni, ma di quel periodo ricorda bene ogni dettaglio. Ricorda oltre ai soprusi ed alla violenza, che tra le cose che dovette lasciare a casa c’era anche la sua attrezzatura da portiere di hockey su ghiaccio. Aveva iniziato a giocare da poco a quello sport, ma si era già distinto grazie al suo grande intuito, alla sua visione di gioco e alla capacità di prevedere le situazioni, oltre ad un enorme coraggio.

L’Armata Rossa riprese il controllo del territorio qualche anno dopo, e finalmente Jurij e il resto della sua famiglia, compresi i fratelli Valentin e Boris che nel frattempo erano stati deportati in Germania e costretti ai lavori forzati, poterono tornare a casa. Oltre all’hockey, Jurij aveva un’altra grande passione: le stelle e quelle divise valorose che i soldati indossavano, che avevano spazzato via la minaccia nazista dal suo Paese.
Quando Jurij diventò adulto la Guerra Fredda era al suo apice; una guerra diversa da quella vissuta pochi anni prima, combattuta a suon di propaganda. Lo spazio era una meta molto ambita, e la Russia articolò un intenso programma spaziale. Jurij, che faceva il fonditore in una compagnia metallurgica, ma era appassionato di volo e sapeva guidare un aereo, si iscrisse e venne scelto. In poco tempo le sue doti emersero, e diventò un ufficiale promettente e molto talentuoso; nel suo percorso non dimenticò l’hockey su ghiaccio, tornò tra i pali durante il corso e divenne il capitano della squadra della Scuola superiore per piloti dell’aviazione militare di Orenburg. Ma il suo obiettivo era ormai un altro: le sue amate stelle.

Il suo nome completo era Jurij Alekseevič Gagarin. Sì, stiamo parlando proprio di quel Gagarin, che il 12 aprile 1961 a bordo della Vostok 1, divenne il primo cosmonauta della storia a compiere un’orbita completa attorno alla Terra: vedendo da vicino quelle stelle, come mai nessuno aveva fatto prima, avviò di fatto l’era delle esplorazioni spaziali. Entrò nella sua capsula alle 6:50 del mattino, anche se alcuni problemi tecnici posticiparono il lancio alle 9:07, quando il Tenente Maggiore Gagarin (promosso a Maggiore durante il volo) pronunciò la famosa frase: «Pojechali!» («Andiamo!»). Pochi istanti dopo, l’enorme spinta impressa dal razzo Vostok-K portò in orbita la navicella, che veniva comandata dal cosmodromo terrestre di Bajkonur, dato che le reazioni del corpo umano non erano ancora state testate una volta fuori dall’atmosfera terrestre.

In realtà esisteva un codice di sblocco per l’utilizzo manuale della navicella, qualora si fossero persi i contatti con la base a terra, era possibile digitare sulla rudimentale tastiera il codice 1-2-5, e Gagarin avrebbe potuto prendere il controllo della navetta. Il codice non era stato scelto a caso: “1” significava il primo cosmonauta nello spazio, “2” era riferito ai moduli della navicella e “5” invece era il totale numero dei razzi ausiliari del vettore. Il volo durò 108 minuti, per una distanza coperta di 41.000 chilometri intorno alla Terra, il suo giro completo insomma. Questa impresa trasformò Jurij Gagarin in uno degli uomini più rappresentativi del Paese.

Il rapporto tra Gagarin e l’hockey su ghiaccio continua tutt’oggi, grazie anche alla “Coppa Gagarin”, il trofeo assegnato ogni anno alla squadra vincitrice della KHL, la Kontinental Hockey League. Si tratta del massimo campionato professionistico di hockey su ghiaccio dell’Eurasia, paragonabile alla Stanley Cup in Nord America, ma con una portata continentale che coinvolge club russi e di altri Paesi. Nel 2024 il trofeo, che porta l’effige dello stesso Gagarin, è stato vinto dai Metallurg Magnitogorsk, la stessa squadra battuta nella Federation Cup IIHF nel 1996 dai Mastini Varese.

La casa natale di Gagarin oggi non si trova più a Klušino, ma è stata smontata e ricostruita a Gžatsk (ora chiamata Gagarin) dal padre del cosmonauta. A Klušino c’è una replica della casa che ora ospita un museo dedicato a Gagarin. Tra i vari oggetti, però, manca una cosa: l’attrezzatura da hockey del giovanissimo portiere che guardava le stelle.

ALLA BALAUSTRALeggi le puntate precedenti

IL PODCAST – “Dalla Balaustra” è anche un podcast trasmesso su Radio Materia e disponibile sulle principali piattaforme di ascolto. In attesa di nuovi episodi, trovate i primi 12 nel box sottostante.

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Pubblicato il 20 Ottobre 2025
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