In bicicletta lungo l’Italia centrale: un viaggio tra silenzi, paesi dimenticati e incontri inattesi
Tra strade secondarie, borghi dimenticati e incontri che lasciano il segno: il racconto di un’esperienza che unisce avventura, riflessione e memoria con Roberto Morandi e Marco Fardelli
Un uomo, una bicicletta, una mappa tracciata con cura e la voglia di partire. Nasce così un viaggio che ha attraversato l’Italia centrale, da nord a sud, seguendo strade secondarie, evitando le rotte turistiche e cercando invece il filo sottile della memoria, della solitudine e del contatto con le persone e i luoghi.
A raccontare l’esperienza è lo stesso protagonista, Marco Fardelli, nel corso di una serata pubblica fatta di immagini, aneddoti e parole misurate moderata da Roberto Morandi, giornalista di VareseNews appassionato di bicicletta, viaggi e racconti. Il percorso, che si snoda tra l’Umbria, il Lazio, le Marche e l’Abruzzo, diventa molto più di un semplice itinerario cicloturistico: è un cammino di osservazione, scoperta e ascolto.
Partito con un bagaglio essenziale ma ben studiato – borse leggere, attrezzatura minima e tanta voglia di mettersi alla prova – il viaggiatore ha toccato decine di piccoli paesi, alcuni quasi sconosciuti, altri segnati dal terremoto, altri ancora abitati da pochi anziani ma carichi di storie da raccontare. Un viaggio lento, a tappe, fatto di partenza all’alba e arrivo al tramonto, tra salite improvvise e deviazioni inattese.
«Non è un viaggio avventuroso nel senso classico del termine», ha spiegato Fardelli. «Ma è sicuramente un’esperienza fuori dalla norma. Ho progettato ogni tappa con attenzione, ma ho lasciato spazio all’imprevisto: una strada chiusa, un incontro inatteso, un paese che meritava una sosta più lunga».

Tra gli episodi più toccanti, l’incontro con una signora anziana che, dopo il sisma, ha perso quasi tutto, ma non la voglia di raccontare. Oppure le ore trascorse a pedalare completamente solo, senza incontrare nessuno per decine di chilometri, attraversando boschi, colline, centri storici deserti. O ancora, il momento in cui – inseguito da un branco di cani – ha dovuto usare il bastone da trekking per difendersi.
Ogni giorno era una scoperta: «In certi tratti non c’era anima viva. Eppure erano i momenti più belli. Ci si può fermare, guardare, respirare. Pensare. È raro avere questa libertà, oggi. E quando ce l’hai, te la tieni stretta».

Lungo il percorso, le foto hanno aiutato a fissare volti, scorci e sensazioni. Non tanto per creare un album da mostrare, ma per ricordare a sé stesso i luoghi, le emozioni, le parole ascoltate. «Scattavo quando arrivavo alla fine di una tappa, seduto con la soddisfazione addosso. Perché ogni giornata, ogni chilometro, aveva un senso».
Dopo questa esperienza, il progetto non si chiude: l’intenzione è di ripartire, con nuovi tratti da esplorare e nuove storie da ascoltare. Intanto, il viaggio diventa racconto e il racconto occasione di condivisione. Una testimonianza che ricorda quanto ci sia ancora da scoprire, anche dietro l’angolo, anche nel nostro Paese. Basta avere una bicicletta, una direzione e il tempo di fermarsi.
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