Popolazione sempre più anziana e ruolo delle RSA: Fondazione Molina invoca la cultura del dono come patto tra generazioni
Ci sono 195 anziani ogni 100 minori di 14 anni e l’aspettativa di vita si è alzata fino a 82 anni per gli uomini e a 86 per le donne. Sono alcuni dei dati emersi nel convegno su solidarietà, ruolo delle RSA e valore del lascito testamentario
Un’occasione per riflettere sulla solidarietà, sul ruolo delle RSA e su come il dono possa essere una risposta concreta ai bisogni crescenti della nostra società. È stato questo il cuore del convegno “La cultura del dono: un legame che ci unisce”, organizzato dalla Fondazione Molina di Varese in occasione dei suoi 150 anni di attività, ospitato mercoledì 5 novembre presso l’Aula Magna dell’Università dell’Insubria.
L’invecchiamento della popolazione e le sfide del sistema socio-sanitario
A fornire la fotografia più precisa è stato Mario Melazzini, direttore generale dell’assessorato al Welfare di Regione Lombardia, che ha illustrato il quadro demografico e strutturale in cui si inserisce oggi l’attività delle RSA.
«Al 1° gennaio 2025, in Lombardia si registra un aumento significativo della popolazione anziana: oltre 21.000 uomini e quasi 17.000 donne in più rispetto all’anno precedente» ha raccontato Melazzini.

L’indice di vecchiaia ha raggiunto quota 195,5 anziani ogni 100 giovani sotto i 14 anni a fronte di una media nazionale che è del di circa 208. Esattamente un anno fa, al 1º gennaio del 2024, l’indice di di vecchiaia si attestava a 188,1.
L’indice di dipendenza strutturale, con cui si va a misurare il carico della il carico sociale della popolazione non attiva su quello della popolazione attiva, si attesta percentualmente quasi al 57%, al di sotto della media nazionale di quasi un punto e mezzo, mentre l’indice di dipendenza della popolazione ultra 65enne è del quasi il 38%, sempre al di sotto della media del paese di circa due punti percentuale a cui aggiungere il dato della non autosufficienza che è circa del 30%, degli over 65, in linea generale circa 4 milioni di persone a livello nazionale.
Questo fenomeno si accompagna a un calo della natalità, con un -1,7% rispetto all’anno precedente e un numero medio di figli per donna sceso a 1,19. A questo quadro, si aggiunge, infine, il dato sull’aspettativa di vita alla nascita, che è per gli uomini di 82 mentre per le donne è di 86.
Di fronte a questa transizione, le RSA ricorpono un ruolo centrale. In Lombardia si contano 687 strutture contrattualizzate, per un totale di 57.500 posti letto, con un tasso di accoglienza di 3680 ospiti ogni 100.000 anziani (contro una media nazionale di 2145). «La rete lombarda è la più articolata e capillare del Paese – ha spiegato Melazzini – ed è possibile grazie a un capitale umano composto da oltre 36.000 operatori tra medici, infermieri, ASA, OSS ed educatori».
Alzheimer e cronicità: nuove sfide per le RSA
La fotografia tracciata da Melazzini ha messo in luce anche un altro aspetto: la crescente complessità clinica degli ospiti. L’età media è di 87,6 anni, con un alto grado di comorbidità e una limitata autonomia (il punteggio medio Barthel Index è 22 su 45). Particolare attenzione è rivolta alle persone affette da Alzheimer e disturbi cognitivi, per i quali la Regione sta lavorando a modelli di presa in carico e accreditamenti specifici. Solo nei primi sei mesi del 2025 sono già 19.000 le persone accolte nei percorsi di RSA aperta.

Il dono come strumento economico e civile
A dare il senso più profondo del convegno è stato il professor Giuseppe Porro, docente all’Università dell’Insubria e direttore del Master di primo livello “Promotori del dono”. «Il dono non è solo un gesto etico, ma un vero e proprio strumento di politica economica» ha affermato.
In un contesto in cui il 5% della popolazione controlla il 60% della ricchezza, la capacità della mano pubblica di rispondere ai bisogni sociali si riduce. «Il terzo settore, con le sue risorse materiali e immateriali, rappresenta la struttura economica più efficiente che il privato si dà per affrontare il divario tra bisogni e risorse».
I dati giuridici e fiscali della donazione sono poi stati approfonditi in un panel dedicato che ha visto la presenza di Marta Cenini, Domenico Chiofalo e Luigi Jemoli i quali hanno esplorato il valore legale e tributario del lascito. In chiusura del convegno, una tavola rotonda ha raccolto idee e suggestioni per costruire un cultura intergenerazionale del dono, tavola a cui hanno preso parte Marco Ascoli, Luca Degani, Emilio Rota e Federico Visconti.
Un lascito che crea comunità
«Parlare oggi di lasciti testamentari – ha sottolineato Carlo Nicora, direttore generale della Fondazione Molina – significa costruire un nuovo patto di solidarietà intergenerazionale. Il lascito è un gesto d’amore che rappresenta il mondo che vorremmo lasciare dopo di noi». Su questo si è innestato anche l’intervento del professor Dipak Ray Pant della LIUC: «Il dono è un atto universale, spirituale e culturale, che genera valore proprio perché unilaterale: si moltiplica e ritorna».
Un legame tra generazioni
Il convegno ha raccolto il plauso delle istituzioni: il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha parlato di «150 anni di dedizione e servizio al territorio», mentre la rettrice dell’Università dell’Insubria, Maria Pierro, ha sottolineato il valore del legame tra generazioni come «fondamento di una società coesa e solidale».
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