Roberto Saviano al teatro di Varese con la storia di Rossella, vittima d’amore e di mafia

Lo spettacolo è «L’amore mio non muore», andato in scena venerdì sera al Teatro Intred con la regia di Enrico Zaccheo, è un fluire di parola di un’ora e mezzo, fitto di concetti forti e citazioni importanti

Generico 10 Nov 2025

«Ma l’amor mio non muore» è un film muto d’inizio Novecento che guardava Rossella, la giovane protagonista del nuovo libro e spettacolo di Roberto Saviano dal titolo quasi identico. Ma la storia che Roberto Saviano racconta è un’altra: è quella di Rossella Casini, che muore assassinata e violentata – una punizione – per aver tentato di opporsi con il suo sentimento a una faida di mafia.

E «L’amore mio non muore», andato in scena venerdì sera al Teatro Intred di Varese con la regia di Enrico Zaccheo, è un fluire di parola di un’ora e mezzo, fitto di concetti forti e citazioni importanti.

Roberto Saviano, celebre autore di «Gomorra», il libro denuncia del 2006 contro la criminalità organizzata, esplora una nuova dimensione e parla d’amore, ma resta ancorato alla sua storia, all’identità che il pubblico gli riconosce e stima: lo spunto è ancora un fatto di cronaca mafiosa, anche se le argomentazioni volano libere tra letteratura, poesia e musica, in un mix quasi perfetto a cui manca – forse – una spinta teatrale più decisa, quella che trasformerebbe il recital in azione scenica. Si percepisce in questo lavoro un desiderio e, insieme, un bisogno di andare oltre, nella scrittura e nell’arte; come se fosse anche questo un nuovo inizio dopo quel commento – «Mi hanno rubato la vita» – che Saviano ha pronunciato tra le lacrime lo scorso luglio in tribunale alla lettura della sentenza del processo Spartacus.

«L’amore mio non muore» vede il protagonista da solo sul palco, tra un leggio, un letto semplice che richiama la camera di Rossella, grandi immagini di sfondo che accompagnano il parlato e un’unica incursione musicale: «Because the night».

Rossella Casini è una studentessa di Psicologia che nel 1977, a Firenze, incontra Francesco Frisina, calabrese di Gioia Tauro, anche lui universitario. Si innamorano e vanno insieme a Palmi, dai genitori di lui. Rossella scopre presto che i Frisina sono legati alla potente ‘ndrina dei Gallico, appena entrata in guerra con quella dei Condello. Quando la faida esplode, invece di andarsene Rossella sceglie di restare, affidando all’amore tra lei e Francesco un gesto di resistenza. Il 22 febbraio 1981 scompare misteriosamente da Palmi dopo aver telefonato al padre annunciando il rientro a Firenze. Il corpo non è mai stato ritrovato, ma lo Stato la riconosce tra le vittime di ‘ndrangheta.

Lo spettacolo si apre con la foto della sua tessera universitaria sul grande sfondo scenico. Poi le immagini scorrono come appigli di pensiero ai concetti che Saviano attraversa: errare per trovare la propria strada, con una citazione di Raffaele Carrieri e una di Milan Kundera, che ricorda come l’amore vero non sia quello che pensavi di dover meritare ma quello che arriva immeritato, nonostante tutto. E ancora il dolore della separazione, con Apollinaire: «quando manchi tu non so se manchi tu o manco io». Majakovskij e il suo amore pre-potente, che vola o precipita, che non permette il silenzio su ciò che ha reso possibile amare. E Byron, con il suo cuore che ha sempre bisogno di infinito. Fino al ritorno a Majakovskij e alla barca dell’amore schiantata contro l’esistenza quotidiana.

E poi Saviano cita la mitica trasmissione «Fuori Orario» di Enrico Ghezzi, facendone rivedere la sigla. Poi il Vangelo, suo testo di riferimento pur non definendosi credente, con l’idea dell’amore come semplice accoglienza dell’altro. E ancora la ricerca di dare un nome alle cose: tutte le parole greche per dire amore, da Agapè – l’amore perfetto – a Filia, Eros, Storgè… E nel finale quello che Saviano definisce il verso più bello del Novecento, della poetessa polacca Wislawa Szymborska: «Ascolta come mi batte forte il tuo cuore».

Contenuti che il pubblico di Roberto Saviano conosce e ama, perché già presenti nel romanzo da cui lo spettacolo è tratto, pubblicato da Einaudi lo scorso maggio. Riconoscerli sulla scena, però, dà un peso diverso: diventano voce, corpo e gesto. E forse è anche in questo dialogo con chi lo ascolta che Saviano cerca una nuova forma.

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Pubblicato il 16 Novembre 2025
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