Sfamare gli altri, sconfiggere la propria povertà: la giornata delle sorelle Chikutu

Alla scuola di Merisha for Kenya a Gede, parte della sfida è anche garantire ogni giorno un pasto a colazione e a pranzo ai tanti bambini che frequentano le lezioni. Un impegno che coinvolge insegnanti, cuoche, famiglie e le donazioni raccolte

Il focolare delle sorelle Chikutu, che sfama i bambini della scuola di Gede

Le cuoche hanno un ruolo chiave alla scuola di Gede. Non far mancare mai il cibo necessario per i bambini è la sfida parallela all’istruzione che l’associazione Merisha for Kenya sta portando avanti con le donazioni e lavorando in team con insegnanti, famiglie e cuoche, appunto.

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Al focolare, da anni, lavorano due sorelle, le signore Chikutu, ma in questi giorni una di loro, la più anziana, è in difficoltà. Elizabeth accusa problemi di età e di salute e fatica a tenere i ritmi di lavoro che devono far funzionare una mensa per almeno 130 bambini e da gennaio saranno ancora di più: a colazione e a pranzo.

Da quando la scuola è stata sfrattata e si è dovuta adattare agli spazi e al cortile preso in affitto dalla parrocchia protestante, la cucina è all’aperto. Come avviene nella maggior parte dei villaggi qui. «Si comincia già dal mattino presto – spiega la signora Mwaka, la più giovane delle sorelle – con il fuoco e le braci da tenere vive. La scuola chiede ai genitori delle famiglie di contribuire in questo. Molti di questi bambini vivono nel bush, nelle campagne, dove la legna abbonda ed è facilmente reperibile: qui a Gede, invece, dovremmo comprarla. E allora si chiede ai bambini di portare ognuno un legno per la cucina. Ma non tutti fanno questo e, spesso, si deve comprare la legna».

Il cibo gratuito fa la differenza: «Molti bambini qui non mangerebbero tutti i giorni. Nessuno muore di fame, ma non sempre si riesce a garantire un pasto per i nostri bambini, se fossero tutti a carico dei genitori»: a spiegarlo è Priscar, 24 anni, figlia della cuoca Elizabeth, che da giorni non sta riuscendo a lavorare a scuola. Ha chiesto e ottenuto di essere sostituita dalla figlia, per il momento, anche se il futuro della cuoca sta suscitando discussioni a scuola, considerando che l’impegno aumenterà. Elizabeth fatica ad ammettere i suoi limiti, gli insegnanti cercano di venirle incontro, acquistando la verdura dalla sua bancarella.

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L’anziana Elizabeth, dunque, da giorni, rimane fuori da scuola e si arrangia come può provando a vendere Sukuma (una specie di spinacio) in una bancarella lì vicino: lei, con il resto della famiglia, nipoti soprattutto. La sua kibanda rende circa 3 euro al giorno, con la vendita di verdure.

Un aspetto che colpisce di questa scuola è il senso forte di solidarietà per chi ha davvero bisogno: le sorelle Chikutu arrivarono alla scuola di Gede proprio per scelta degli insegnanti che, anni fa, avevano individuato alcune persone molto povere che avevano bisogno di lavorare. Senza elemosine, ma con proposte dignitose, si era pensato di coinvolgere l’intera famiglia: prima che l’associazione venisse sfrattata malamente dalla prima seda scolastica, si era deciso di affidare un pezzetto di terreno al marito di Elizabeth, facendogli anche un prestito. La famiglia povera avrebbe così avuto un lavoro, coltivando le verdure necessarie per la mensa e per la sua famiglia. Purtroppo, il proprietario del terreno fece saccheggiare l’orto, senza scrupoli e rendendo vano il progetto.

Elizabeth ha lavorato molti mesi per ripagare quel debito che non è stato possibile saldare in altro modo, a causa dei saccheggi. E ha poi proseguito, mandando avanti la cucina con la sorella Mwaka. Come sarà il team delle cuoche non è ancora chiaro, ma il sogno di una scuola nuova e una mensa vera fa brillare gli occhi anche a Mwaka e alla nipote Priscar: «Una vera cucina consente di lavorare meglio. Se prepari cibo migliore, ovviamente i bambini si nutrono meglio, anche se non abbiamo mai fatto mancare niente in questa situazione un po’ precaria».

Priscar, la più giovane delle tre, è entusiasta di questa scuola e il suo sogno è quello di poterci mandare anche suo figlio, un giorno. Oggi ha due anni e l’attende fuori, alla bancarella di famiglia. «Qui ci sono grosse differenze rispetto alla scuola pubblica. I bambini, li vedo, sono meglio seguiti e in più parlano molto Inglese. Nelle scuole pubbliche si parla soprattutto Swahili».

Si parla volentieri, ma in cucina non si smette mai di lavorare: nel frattempo si mescolano i pentoloni. All’interno, oggi, c’è il riso da una parte, del cavolo dall’altra e dei fagioli nel terzo pentolone. «Ogni giorno si cerca di dare ai bambini un pasto equilibrato: sempre una verdura, abbinata a riso o tapioca, e legumi, dai fagioli alle lenticchie ed altro, a seconda di quel si riesce ad acquistare». Il primo pasto, però, è la colazione, ovvero il porridge che di fatto precede le lezioni o le attività di gioco (quando c’è il centro estivo).

Il focolare delle sorelle Chikutu, che sfama i bambini della scuola di Gede

Il focolare è una delle certezze, qui alla scuola di Gede e anche nelle condizioni più difficili non è mai stato spento e ha sempre sfamato tutti quanti. Il tutto vive grazie alle donazioni e anche il destino delle sorelle Chikutu dipende da lì.

Per aderire al progetto: AMANI FOR GEDE – La scuola della speranza – Merisha for Kenya

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Pubblicato il 14 Novembre 2025
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