Jalal, ragazzo palestinese bloccato tra sogni e confini, tra Gaza e l’Insubria

A vent’anni, vorrebbe programmare il futuro. La speranza di venire in Italia nel mezzo di mille difficoltà burocratiche, il sostegno della rettrice dell'Insubria, un ultimo ostacolo da superare. La storia

Generico 08 Dec 2025

Dal 7 ottobre 2023, Gaza è sprofondata in una crisi umanitaria senza precedenti. L’attacco di Hamas contro Israele ha scatenato una risposta militare durissima: bombardamenti, incursioni e un assedio totale che ha trasformato la Striscia in un inferno quotidiano.

Su appena 365 km² vivono oltre 2,4 milioni di persone, senza possibilità di fuga. Oggi, più di due anni dopo, la situazione è drammatica: più di un milione di sfollati sopravvive in tende, senza acqua, elettricità e cure, mentre i raid continuano nonostante la tregua annunciata nell’ottobre 2025. Due corridoi strategici sotto controllo israeliano frammentano ulteriormente il territorio, isolando le comunità.

Un futuro sospeso

Tra le macerie e i campi di sfollati di Khan Younis vive Jalal Al Farra, vent’anni appena. Condivide una tenda con la madre e i fratelli, il più piccolo ha quattro anni. «Ho avuto un’infanzia serena e un’istruzione regolare», racconta. Poi, in un istante, tutto è cambiato: la guerra è arrivata, un missile ha ucciso suo padre e Jalal è diventato l’unico sostegno della famiglia.

Diplomato con 94.7 nel ramo scientifico, aveva iniziato informatica, spinto dalla passione per la programmazione. Con la guerra, il sogno si è infranto, ma la passione è cresciuta quando ha visto le persone intorno a sé lottare per accedere alle informazioni.

La tregua del 10 ottobre scorso gli ha dato una possibilità: trovare qualcosa da fare per mantenere i suoi cari. «Oggi la mia vita è piena di sfide. Inizio alle 7 e lavoro fino alle 15:30 per aiutare la mia famiglia. I bombardamenti arrivano senza preavviso, mettendo a rischio le nostre vite». Ma il suo obiettivo resta intatto: completare gli studi e costruire un futuro all’altezza delle sue ambizioni.

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Le macerie a Gaza in una foto di Marco Rodari

La speranza arriva dall’Italia

La storia di Jalal è arrivata in Italia grazie a un passaparola che ha attraversato il Mediterraneo. Giacomo Longhi, traduttore dall’arabo e dal persiano e dottorando alla Sapienza, la conosce quasi per caso: mentre lavorava in Belgio come interprete, incontra diversi palestinesi in attesa di asilo, tra cui lo zio di Jalal.

L’estate scorsa, lo zio lo contatta chiedendo aiuto per il nipote: un ragazzo brillante, appena diplomato con ottimi voti, che sognava di studiare informatica. La guerra ha interrotto quel sogno, ma non la sua determinazione.

Longhi, cultore della materia al Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate (Disuit) dell’Università dell’Insubria, si attiva subito. Coinvolge alcuni docenti dell’università e sottolinea: «Bisogna far capire che questo non è un caso ordinario: Jalal ha diritto allo studio, alla dignità, e la sua situazione richiede un’azione immediata». Ed è a questo punto che entra in scena Rosaria Agrati.

Una possibilità che resiste

Rosaria Agrati ha cercato di ricostruire quello che è successo negli ultimi due mesi e mezzo. Non è stato facile: la situazione è stata complicata, piena di ostacoli e silenzi istituzionali.

Il legame con Jalal nasce per caso: studentessa all’Università dell’Insubria, in primavera frequenta il corso Filis (Formazione Interculturale di Lingua Italiana per Stranieri) per formatori interculturali. A settembre, nel gruppo compare un messaggio: si parla di un ragazzo di Gaza, con una situazione familiare delicata, che dovrebbe venire a studiare all’Insubria e ha bisogno di lezioni intensive di italiano per superare un test.

Solo più tardi scopre la verità: Jalal non è ancora iscritto e la sua vicenda è molto più complessa. Giacomo Longhi era riuscito solo a passare il contatto ad alcuni docenti dell’Insubria che avevano pensato che avrebbe potuto iscriversi a Varese. 

Riceve il contatto di Jalal e iniziano le lezioni: partono da zero, ma in una settimana Jalal riesce a presentarsi con frasi semplici. Nonostante la guerra e connessione instabile dimostra grande impegno e potenzialità. Poi arrivano i problemi: per fare il test deve iscriversi e richiedere una borsa di studio, ma nessuno lo segue. Gli dicono che deve fare tutto da solo. Il sito è poco chiaro, la connessione instabile. Rosaria prova ad aiutarlo, ma mancano documenti e garanzie economiche, che arriveranno dallo zio in Belgio.

Anche per la borsa le informazioni sono confuse. L’università conferma l’invio della domanda, ma da lì inizia il caos: nessuno conosce i passi successivi. Rosaria chiede come ottenere il visto, ma le risposte sono contraddittorie. L’ateneo dice che Jalal deve occuparsene da solo. Scopre che l’Insubria aveva collaborato con il progetto Iupals (Italian Universities for Palestinian Students , cioè il progetto promosso dalla Crui, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, che coinvolge il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme con l’obiettivo di erogare borse di studio per permettere a studentesse e studenti residenti nei Territori Palestinesi di studiare in Italia), che gestiva evacuazioni di studenti palestinesi. Ma inizialmente i responsabili si mostrano reticenti.

Lei continua da sola a informarsi e a raccogliere documenti. A fine ottobre riesce a presentare la domanda di visto al Consolato italiano a Gerusalemme.

Scrive anche alla Crui, ma il programma è chiuso. Rosaria però scopre che altri atenei, come il Politecnico di Torino, continuano a evacuare studenti con borse interne. Fa richiesta per altre borse, convinta che Jalal otterrà quella regionale. Poi la delusione: a fine novembre trova che la borsa regionale è stata rifiutata, senza che l’Insubria glielo comunicasse.

Rosaria scrive all’università, ricordando che la documentazione era corretta e che l’iscrizione era stata registrata su Universitaly e comunicata al Consolato. Sottolinea un punto decisivo: senza borsa di studio non c’è possibilità di evacuazione.

Un decreto straordinario

Dopo settimane di attesa e solleciti, arriva una svolta: la Magnifica Rettrice Maria Cristina Pierro ha già firmato un decreto straordinario che assegna a Jalal una borsa universitaria. Una decisione eccezionale, fuori dalle procedure ordinarie, per dare a un ragazzo intrappolato a Gaza la possibilità di studiare in Italia.

Pierro, prima donna alla guida dell’Insubria e ordinario di diritto tributario, sceglie di assumersi la responsabilità di un gesto concreto, quando sarebbe stato più semplice dire «non si può». Il decreto è il risultato di una lunga battaglia di Rosaria, che per Jalal ha scritto decine di mail e contattato ogni ufficio possibile. Ora seguiranno l’immatricolazione e il riconoscimento formale della borsa di studio, come confermato dall’ateneo.

Ma la strada è ancora lunga: il vero nodo resta il visto. Senza il nulla osta del Consolato italiano a Gerusalemme, Jalal non può lasciare Gaza. Ad oggi non ci sono risposte chiare: tutto è sospeso in una zona grigia che pesa sulla vita di un ragazzo di vent’anni.

La borsa è un passo importante, ma non basta. Perché diventi davvero un “biglietto per la vita”, serve il rilascio del visto. La Crui, che il passato ha gestito evacuazioni attraverso il progetto Ioupals, oggi non ha più quel programma attivo, anche se continua a coordinare alcune iniziative straordinarie con borse dedicate.   Intanto il tempo scorre: nella Striscia le università sono macerie, gli spostamenti pericolosi, la connessione instabile.

Ogni giorno perso è un rischio per la sua sicurezza e un diritto negato. Rosaria continua a scrivere e sollecitare: «Non lo faccio per mettermi in luce, ma per dare a Jalal un futuro possibile». La possibilità che arrivi in Italia esiste: fragile, complessa, sempre sul filo. Ma c’è. Ed è per questo che bisogna agire subito. Prima che sia troppo tardi.

di Agnese Castiglioni

* studentessa al terzo anno della triennale in Scienze della Comunicazione presso l’Università degli Studi dell’Insubria, frequentante il corso di Storia e Diritti tenuto da Sabahi Farian, che fornisce le basi per trattare le tematiche qui esposte.

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Pubblicato il 12 Dicembre 2025
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