“Con la cultura si mangia”: ecco la prima protesta in pausa pranzo
Gli operatori culturali varesini hanno manifestato "a pranzo", come protesta alle dichiarazioni del ministro Bondi. Sotto accusa il fondo per lo spettacolo ma anche la disattenzione degli enti locali
Era una tavolata speciale quella che oggi, 22 novembre 2010, si è trovata a pranzo – ora dell’appuntamento 12.30 – al ristorante La Castellanza di Bosto. Su quella tavolata – divisa tra vegetariani e carnivori, salutisti e tradizionali – c’era la stragrande maggioranza dei rappresentanti della produzione di cultura varesina. Non erano lì per mangiare quanto piuttosto per manifestare, a loro modo, nella giornata dello sciopero degli operatori culturali.
Dai direttori del teatro di Varese Filippo De Sanctis e dei teatri di Gallarate Adriano Gallina al presidente Arci e gestore del cineforum del Cinema Nuovo Giulio Rossini; dai registi di spettacoli teatrali per ragazzi Chicco Colombo e Martin Stigol ai principali attori di teatro della provincia, tutti insieme al tavolo hanno ricordato che “di cultura si mangia”, cioè ce chi ne fa una professione a tempo pieno, contrariamente a quello che sostiene il ministro della cultura Sandro Bondi. «Più che altro, non vogliamo l’elemosina, che è poi quello che il FUS (Fondo Unico per lo spettacolo) dà alla produzione teatrale “di periferia” o gli enti locali assegnano, magari con limiti burocratici insostenibili per i piccoli teatri» spiega De Sanctis.
I primi organi su cui hanno trovato necessario puntare il dito, Fondo Unico FUS e Agis: « Il primo perchè assegna i fondi con criteri ormai sclerotizzati a 190 realtà culturali in tutta Italia, il 48% dei quali dedicato alla lirica, per progetti mai nemmeno verificati nella loro bontà e che portano via soldi a una vera politica di promozione culturale – accusa Adriano Gallina – il secondo perchè dovrebbe essere la controparte rispetto alle istituzioni e invece fa solo un lavoro di lobbying e di sostegno delle scelte del Fondo».
Un fondo per di più che continua a dare ai “soliti noti” soldi a pioggia (secondo le parole dei “protestatari della pausa pranzo”), spesso insufficienti anche per i beneficiati, senza però lavorare su chi è il destinatario di questo lavoro: lo spettatore. «Che è sempre meno affezionato a uno strumento culturale che non conosce e non ha mai visto – il teatro – e che ormai si muove solo per i personaggi televisivi» spiega De Sanctis.
Ma non è solo la politica nazionale a “buttare a mare” l’industria culturale del nostro paese e il desiderio stesso di cultura negli italiani: «Manca totalmente il sostegno degli enti territoriali – sottolinea Chicco Colombo, una carriera più che trentennale e pluripremiata di regista, protagonista e produttore di spettacoli teatrali per ragazzi – Per la provincia e i comuni, tra i prodotti del territorio, conta più la formaggella del luinese che la cultura».
«E’ difficile sopravvivere, anche se si portano a teatro molti spettatori – aggiunge Martin Stigol, apprezzatissimo regista di teatro per ragazzi, che fa (con Colombo) ben sperare nel mantenimento di una cultura teatral, proprio attraverso – Noi abbiamo grandi difficoltà ad assicurare la continuità, anche se la domanda continua ad essere alta. Sarebbe tristissimo chiudere anche se c’è chi vuole vederti».
Tra i “Protestanti a pranzo” ci sono stati anche rappresentanti della poesia come Dino Azzalin: «Io posso fare parte del mondo della cultura come editore giusto perchè sono anche Dentista, sennò sarebbe davvero grigia sopravvivere. Ma sostenere la protesta.. beh, penso che farlo sia il minimo, in una situazione così compromessa» ha commentato con sincerità il boss della Nuova Magenta Editrice.
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