Il prossimo degli Who
Da un progetto andato in fumo nacque uno dei più bei dischi del rock

Uno dei dischi più belli della storia del rock, ma anche uno di quelli con la genesi più complicata. Il Prof. Pete Townshend continuava a guardare avanti: la rock opera l’aveva fatta con Tommy, ed ora era il momento di osare di più con il progetto Lifehouse. Raccontato in breve doveva essere un film ambientato in un futuro dittatoriale dove la musica è vietata e diffusa clandestinamente. La rivoluzione sarà all’insegna del rock con dei concerti degli Who che faranno da miccia alla rivolta. Per fare ciò avevano deciso una serie di concerti allo Young Vic di Londra, avvisando il pubblico che sarebbe stato parte di un progetto, ma piano piano, anche per tensioni con lo storico manager Kit Lambert, Lifehouse naufragò lasciando però fortunatamente una serie di pezzi straordinari. Townshend sperimenta i sintetizzatori sul pezzo di apertura – omaggio al compositore Terry Riley e al suo guru Meher Baba – ma poi il gruppo parte con un hard rock che davvero era il meglio che si poteva fare all’epoca. Canzoni straordinarie sia quando sono piene di energia che quando sono più melodiche come Behind Blue Eyes, per un disco che passerà alla storia anche per la dissacrante copertina, dove ad una specie di monolite, che poteva ricordare quello di Kubrick, i nostri anziché adorazione dedicano le proprie “attenzioni urinarie”. Indispensabile.
Curiosità: il professore era davvero avanti, e qualche intuizione del progetto, come in altri casi della fantascienza, anticipavano quanto poi sarebbe successo: The Grid (la griglia) era una sorta di internet mentre il Grid Sleep somigliava molto alla realtà virtuale…
La RUBRICA 50 ANNI FA LA MUSICA
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