Stanno spostando gli arredi del Dahò, la farmacia storica di Gallarate
A metà pomeriggio l'avvio del trasferimento. Scontro tra i due soggetti che si contendono la proprietà dei mobili del "cenacolo del Risorgimento" cittadino
Arrivano gli operai per spostare gli arredi della storica farmacia Dahò a Gallarate e si accende lo scontro tra i due soggetti che si contendono la proprietà dei mobili del punto farmaceutico che fu “cenacolo di italianità” durante il Risorgimento.
Il destino degli arredi della farmacia è oggi al centro di una controversia tra acquirenti della attività e proprietari dei locali di piazza Garibaldi. A metà pomeriggio di venerdì l’acquirente della attività (un’azienda titolare di vari punti vendita) ha inviato gli operai per spostare i mobili risalenti all’Ottocento. Il titolare della società gallaratese proprietaria dell’edificio è però intervenuto, chiamando carabinieri e Polizia Locale.
All’arrivo il titolare dell’attività ha detto alle forze dell’ordine se avevano titolo di impedire il trasferimento, poi è iniziato il confronto tra i due “proprietari”, che si sono chiusi all’interno dell’edificio, per discutere della situazione.
Il sindaco: “Vicenda privata, non possiamo intervenire”
«È una questione che certamente riguarda la città, ma da un punto di vista legale non abbiamo alcun tipo di leva per poter agire». Lo dice il sindaco Andrea Cassani, che abbiamo raggiunto per telefono. «Non avremmo titolo per intervenire, se non fare moral suasion. Valuteremo con gli uffici se il Comune abbia margini per un qualche intervento».
L’auspicio di Cassani è che vengano tutelati in ogni caso: «che siano lì o in un altro luogo di Gallarate, l’importante è che venga garantito un futuro».
Il simbolo del Risorgimento a Gallarate
Preoccupazione per la situazione era stata espressa dalla Società Gallarate per gli Studi Patri, che aveva chiesto venisse garantita l’integrità del luogo storico, inteso come spazio fisico, locali e arredi insieme. All’appello si erano poi uniti anche FAI e Associazione Mazziniana Italia.

La Studi Patri – con segnalazione dell’avvocato Massimo Palazzi – aveva anche interessato appunto il Comune per chiedere una iniziativa pubblica sulla questione,ipotizzando una richiesta di tutela come bene tutelato dal Codice dei Beni Culturali e Paesaggio del 2004 (che prevede la tutela anche di “cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere).
«Speriamo ancora che le parti in gioco capiscano e condividano che salvaguardare questo luogo è un gesto reale di salvaguardia della memoria collettiva e un’occasione unica di fare cultura» ribadisce oggi il presidente della Studi Patri Matteo Scaltritti.
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