Stroncato il racket dei baby egiziani
Con un escamotage un'organizzazione di libici ed egiziani li faceva regolarizzare al costo di 5mila euro a viaggio. Vengono tutti da un'oasi nel deserto e l'inchiesta ha scoperto le rotte degli scafisti
Dieci egiziani sono stati raggiunti da ordine di cattura: avevano organizzato una sistema per portare in Italia ragazzi minorenni (tutti sui 17 anni, a pochi mesi dalla maggiore età) e fargli avere il permesso di soggiorno, approfittando di un permesso speciale per entrare nel decreto flussi. L’indagine, condotta dal pm Tiziano Masini, ha permesso di ricostruire tutti i passaggi che hanno portato, negli ultimi tre anni, decine di minorenni dall’oasi di Al Fayoum, nel deserto del Sahara, a Varese, ma anche in altre città, come Milano, Monza, Piacenza e Brescia. La polizia si era accorta, tre anni fa, di un afflusso anomalo di giovani, tutti di 17 anni, e provenienti dallo stesso villaggio, che fornivano sempre la stessa versione dei fatti: si presentavano in questura come minori abbandonati e senza famiglia. Grazie a questa dichiarazione, i ragazzi finivano in un centro di accoglienza, a spese dei comuni (a Varese costava 3mila euro al mese)e, al compimento del 18esimo anno di età, avevano diritto a un permesso di soggiorno: un modo per entrare nel decreto flussi in maniera privilegiata, sfruttando una finestra della legge che aiuta i minori rimasti senza genitori.
I ragazzi, in realtà, non erano degli orfani. Le loro famiglie pagavano un’organizzazione di trafficanti per farli emigrare con questo escamotage. Gli agenti della squadra mobile sono stati a Lampedusa dove hanno appurato che i ragazzi venivano fatti sbarcare attraverso le cosiddette carrette del mare. I trafficanti egiziani, ad Al Fallouya ricevano un acconto dalle famiglie (2mila o 3mila euro) che gli affidavano i ragazzi. Per pagare i genitori si vendevano i terreni e le case pur di trovare il denaro. I giovano venivano poi portati in Libia, dove un’altra organizzazione formata da scafisti libici li metteva su barconi diretti a Lampedusa. I libici trattenevano il passaporto del ragazzo, che veniva restituito solo quando il clandestino era giunto in Italia, e la famiglia aveva saldato la somma dovuta ai trafficanti (in totale 5mila euro).
Tutti gli indagati raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare sono egiziani residenti a Milano (uno invece a Licata in Sicilia e sono accusati di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina di minori. Il loro ruolo era quello di accompagnatore. Facevano scappare i ragazzini, quando da Lampedusa giungevano ai centro di accoglienza. Compravano loro i biglietti del treno e li conducevano a Milano dove erano ospitati in due case in zona Affori. Da qui si dirigevano nelle questure scelte per presentarsi come ragazzi senza mezzi e in stato di abbandono. E una manina passava loro i documenti, miracolosamente ricomparsi al momento di entrare nelle grazie dei comuni che li mantenevano fino al compimento del 18esimo anno di età. I ragazzi che hanno avuto il permesso in questo modo, comunque, non devono temere: nessuno potrà più contestargli nulla.
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