Amatori e giovani sportivi, i fanatici del doping

Alla Elmec Solar si è parlato di doping e stupefacenti. Di fronte a una folta platea un medico sportivo e un poliziotto. In Italia 400 mila persone fanno ricorso all'utilizzo di sostanze per migliorare le prestazioni sportive

Non capita tutti i giorni, per di più di lunedì sera, vedere oltre cento persone uscire di casa per andare a sentire una conferenza sul doping e l’uso di stupefacenti ospiti di un’azienda che si occupa di green economy e ha costituito la community "Green Team". «Non siamo qui per fare business – ha detto Arialdo Pigionatti presidente di Elmec Solar – ma per creare un valore aggiunto nella comunità». In effetti la presenza nell’azienda di Brunello di tanti giovani, genitori e dirigenti di società sportive, tra cui Stefano Malerba presidente del Rugby Varese, è il segnale che tra territorio ed economia esiste un legame che va ben oltre il consumo e le aziende possono diventare dei nuovi centri di aggregazione sulla base di alcuni valori condivisi. (foto da sinistra: Carlo Guardascione e Raffaele Catalano)

Quando si parla di droga e doping si ha la sensazione che la consapevolezza non sia mai sufficiente. I dati ufficiali sono impietosi: c’è un aumento esponenziale nel consumo delle sostanze, soprattutto tra gli amatori, i master e i giovani. Secondo Francesco Botré della Fmsi (Federazione medico sportiva italiana), in Italia ci sono 400 mila persone che fanno ricorso al doping, cifra arrotondata per difetto. E tenuto conto che «non esiste un doping prodotto dal nostro corpo, l’atleta è il responsabile di ciò che viene ritrovato nel suo organismo» come ha ricordato Carlo Guardascione, presidente dell’Associazione medico sportiva varesina. 
La lista delle sostanze usate per alterare le prestazioni sportive è lunghissima. Si va dagli steroidi anabolizzanti all’epo (manipolazione del sangue), passando dai beta bloccanti fino alla nuova frontiera del doping genetico, già perché la ricerca medico-farmaceutica in questo campo non si ferma mai. Il doping è dunque un fenomeno in crescita nonostante l’Italia da circa 13 anni abbia una legge (376/2000) che lo inquadra come reato penale. «La vera incognita – ha ammonito il medico sportivo – è che non si conoscono gli effetti delle sostanze assunte nel lungo periodo». L’esempio sotto gli occhi di tutti è quello della Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) che ha colpito soprattutto calciatori che hanno calcato i campi di gioco negli anni ’70. 
«Tra le motivazioni di chi si dopa – ha spiegato Guardascione – c’è la cultura del successo ad ogni costo che è molto diffusa. Una volta ho letto un motto di una società sportiva che mi ha fatto inorridire: “L’importante non è vincere. È l’unica cosa”».
Ci sono poi prodotti che non sono proibiti e si trovano sugli scaffali dei supermercati, ma  sui quali Guardascione mette in guardia: «Quando date ai vostri figli la bevanda che mette le ali sappiate che è come se gli somministraste sette caffé in una volta sola e se un ragazzo ha un problema cardiaco, questo puo’ mettere in serio pericolo la sua vita».
Doping e consumo di droga spesso vanno a braccetto. «Sono un rugbista e sottolineo sono» ha detto con un certo orgoglio Raffaele Catalano, sostituto commissario di polizia. Ma chi si aspettava dal poliziotto una noiosa elencazione di norme, pene e sanzioni si è dovuto ricredere. Catalano, infatti, partendo dalla lunga esperienza di indagini vissute in prima persona ha raccontato ciò che non si vede nelle operazioni antidroga: i meccanismi che regolano il rapporto tra spacciatore e consumatore, le sensazioni di chi vive dall’altra parte della barricata, il senso di onnipotenza dei giovani, lo smarrimento delle famiglie e le tante conseguenze, piccole e grandi, che possono macchiare per sempre un’esistenza. 
«Il consumo, lo spaccio e il traffico di stupefacenti sono difficili da stroncare – ha spiegato Catalano – per due motivi: gli enormi interessi economici delle grandi organizzazioni criminali e  la conoscenza parziale del fenomeno».
La normativa che punisce il doping e quella sulla detenzione di modica quantità di stupefacenti per uso personale differiscono proprio nel tipo di sanzione comminata: nel primo caso il legislatore ha previsto una sanzione penale, nel secondo una sanzione amministrativa. «Questa differenza – conclude Catalano – dipende dal fatto che la norma sul doping si basa su un principio, ovvero chi pratica sport  non dovrebbe mai assumere sostanze. L’atleta che lo fa ha già violato un codice etico, ha già tradito un principio e dunque fa male al suo ambiente sportivo, alla società che lo ha tesserato. Invece, il cittadino che assume stupefacenti non ha tradito nessun principio fa male solo a se stesso. Però in entrambi i casi si tratta di una questione di libero arbitrio».
 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Aprile 2013
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