Fiorucci e Burghy, la “Milano da bere” ci ha lasciato orfani

In un colpo solo, in una afosa giornata di luglio 2015, ci hanno lasciato due icone della Milano degli anni ottanta, che nel bene e nel male ha segnato la storia del costume

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In un colpo solo, in una afosa giornata di luglio 2015, ci hanno lasciato due icone della Milano degli anni ottanta, quella che nel bene e nel male ha segnato la storia del costume successivo: Elio Fiorucci e Burghy, cioè l’attuale Mac Donald’s di piazza San Babila.

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Fiorucci, l’epoca d’oro 4 di 7

Due perdite grandi (per Elio Fiorucci fisica: è morto il fondatore del negozio a 80 anni. Per Burghy invece morale, poichè è stata annunciata la chiusura del mc Donald’s che l’ha sostituito) due luoghi della memoria che evocano una intera generazione:  la sede principale di Burghy, in piazza San Babila, e la storica sede di Fiorucci, in galleria Passarella, cioè pochi metri più in là, in realtà già cambiata e ridimensionata da anni, anche prima della scomparsa del suo fondatore.

Luoghi simbolo di “rivoluzioni” sociali  avvenute, peraltro, anche in tempi diversi, e esportate ben oltre il capoluogo lombardo: il negozio Fiorucci è nato in epoca precedente alla Milano da Bere, ha rappresentato un vero punto di rottura per la moda “ingessata” degli anni sessanta, alla fine dei quali quel negozio è nato. Mentre i paninari si sono presentati nei “famigerati” anni ottanta, con delle bizzarre parole d’ordine e dei must, costosi e chiassosi, tra le cose da indossare, e sono stati subito circondati da un sacco di proposte alternative, in quel decennio che sembrava di pura immagine: dai dark ai rockabilly.

In ogni caso, due tuffi al cuore: per la dipartita di simboli che hanno colpito molto di più delle nostre emozioni e segnato non solo la nostra gioventù, ma anche il nostro (intendendo per “nostra” la generazione dei nati negli anni sessanta e settanta, in realtà) futuro. Non solo in male, come credeva la “cultura” che tanto si è opposta a questa modernità.

FIORUCCI, QUANDO A MILANO INCONTRAVI NEW YORK E TOKIO

Elio Fiorucci, quello delle felpe di topolino e delle magliette degli angeli, ha fatto molto di più per Milano e l’italia in un tempo in cui ancora nessuno si era mosso, di quello che ora percepiamo. Ha letteralmente inventato la moda giovane in Italia, cogliendo e portando nel pieno centro di Milano (quello chic, quello dei “sanbabilini”, l’alta borghesia fascistella e con la puzza sotto il naso)  un negozio che produceva, ma soprattutto importava, il nuovo costume e la nuova cultura: di oltremanica e oltre oceano. Con prezzi, per di più, infinitamente più abbordabili che nei negozi “normali” del centro e per i prodotti, cercati dal suo patron in giro per tutto il mondo, fatti apposta per portare il mondo a Milano.

Nei suoi stessi racconti, l’idea gli era venuta vedendo a Londra il negozio di Biba e le creazioni di Mary Quant, ma lui nel tempo ha saputo mescolare e produrre molto di più, importando il prima inesistente colore, mettendo in vendita a prezzi popolari libertà e anticonformismo. Dalle campagne pubblicitarie ai vestiti improponibili, fino alle manette rosa di peluche (si, il primo a portarle in Italia è stato lui, e ne ha fatto anche un manifesto), tutto di ciò che si trovava in via Passarella profumava di altri mondi, e di libertà. Una libertà che non aveva colore politico e nemmeno pretesa di moralismo e serietà. Per questo il negozio era un crocevia di persone che volevano respirare il mondo, e in quella “pillola di mondo” si ritrovavano. Da lì sono passati Keith Haring e Andy Warhol, Divine e il nascente orgoglio gay, Madonna e molta arte Pop. Molto più in là dei vestiti, ha reso popolare la nuova arte che stava nascendo, forte, coloratissima, ma per nulla banale.

I PANINARI: L’ESSENZA DELLA MILANESITA’ BAUSCIA ESPORTATA IN TUTTA ITALIA

Sulla storia e sull’esegesi dei paninari si sono sprecati in molti: e a fare  i pignoli, la chiusura di Mac Donald’s, cioè del Burghy, non è davvero la chiusura di ciò che ha dato il via a tutto. Gli esegeti ricordano infatti che il primo ritrovo dei paninari era la paninoteca di via Agnello, una laterale di corso vittorio Emanuele. Ma che importa: il paninaro, così come è stato esportato nel mondo (cioè, fuori Milano) è innanzitutto un prodotto di Burghy, la prima hamburgheria italiana, arrivata ben prima di mac Donald’s e da questo poi simbolicamente assorbita. Ed è in fondo un ambasciatore del made in Italy, con i suoi italianissimi jeans Americanino, le sue italianissime cinture di El Charro e le apine fashion di Naj Oleari per le ragazze.  Certo, c’erano anche i piumini francesi della Moncler, le calze inglesi della Burlington e – soprattutto – le scarpe americane Timberland: ma tant’è. Una moda improbabile, esagerata e non alla portata di tutti che però ha fatto il giro d’Italia, anche grazie a Drive In e alla caricatura del paninaro fatta da Enzo Braschi.

DARK, ROCKABILLY, FIORUCCINI, QUELLI DI PORTA TICINESE: LE ALTERNATIVE

I paninari a Milano però creavano mille divisioni: anche e soprattutto per lo status di “galli” che volevano mantenere contro gli “sfigati” di turno che non possedevano queste cose. E le alternative a loro erano tutte a prezzo molto più contenuto. Malgrado fossero a pochi metri dall’Epicentro sanbabilin-paninaro, i fioruccini (un nome che non si erano dati loro: in realtà il termine racchiude i frequentatori di Fiorucci, poco inclini a fare parte di un solo gruppo ma molto aperti alle novità) erano le prime vere alternative. Ma quelli più visibili erano i Dark, che si alimentavano prevalentemente di vestiti neri e anfibi rigorosamente Doc Martens (per i più fashion) o in arrivo direttamente dalla fiera di Senigallia per gli altri. Dalla fiera di Senigallia arrivavano spesso anche i “chiodi” dei Rockabilly, i ragazzi col ciuffo che stavano tra la nostalgia di Elvis e  la passione per Happy Days, passando per il genere musicale in arrivo da Londra.  Poi c’erano i “cinesi” quelli che si vestivano solo in Porta Ticinese, solo usato e possibilmente ex-militare: camicie verdi, bandane, anche giacche da marinaio (del magazzino di cose usate specializzate Marin Luciano, che stava sui navigli) erano le più gettonate.

Erano gli albori delle mode giovanili che poi sarebbero diventate grunge, emo e compagnia bella… Da un certo punto in poi, essere paninaro a Milano come altrove  è diventato quasi cheap: da lì, però, i rivoli estetici in cui si componeva la società giovanile sono diventati ancora di più, e hanno ispirato tutto il fashion noto nel mondo. Rivestendo nel frattempo una società che stava profondamente cambiando.

 

 

 

 

 

 

 

 

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

Il web è meraviglioso finchè menti appassionate lo aggiornano di contenuti interessanti, piacevoli, utili. Io, con i miei colleghi di VareseNews, ci provo ogni giorno. Ci sosterrai? 

Pubblicato il 21 Luglio 2015
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