“Come abbiamo ricostruito quella mano distrutta”
L'ospedale di Varese può contare su due diverse equipe per salvare gli arti amputati in incidenti. Con gli ortopedici lavora un giovane chirurgo plastico: Mario Cherubino

Sono entrati in sala operatoria alle 19.30. Sul letto chirurgico, un ventenne con il pollice amputato e 3 dita attaccate solo per un lembo: « La decisione è stata immediata. Proviamo a ricostruire. È giovane, la sua capacità di recupero è alta».
Così hanno lavorato incessantemente fino a notte fonda: « Erano le 3.30 quando abbiamo finito di ricucire l’ultimo dito. L’operazione era andata bene».
A parlare è Mario Cherubino, un giovane chirurgo della divisione plastico-ricostruttiva dell’ospedale di Varese. Figlio d’arte ( suo padre è il celebre primario di ortopedia di Varese) fa parte di due equipe specializzate nel recupero di arti, mani e piedi che rimangono più o meno traumatizzati nel corso di incidenti: « Ho scelto di fare il chirurgo plastico, una specialità spesso sottovalutata, perché mi affascina il suo ruolo nel recupero della funzionalità piena del corpo».
Dopo aver girato l’Italia e gli Stati Uniti per approfondire la sua passione, Mario Cherubino è tornato a Varese, nell’equipe del professor Valdatta, per collaborare con oncologi e traumatologi: « Un ventaglio di possibilità diverse che mi ha permesso di applicare trasversalmente le mie conoscenze, adattando tecniche oncologiche all’ortopedia e viceversa».
In poco tempo, si sono costituite due squadre di “salvatori” degli arti: « Con il dottor Federico Tamborini e il dottor Alessandro Fagetti affrontiamo i casi relativi alle braccia e alle mani. Con il professor Mario Ronga e il dottor Giacomo Riva siamo tra le migliori equipe in Italia nell’ortoplastica inferiore». Gli ortopedici si occupano delle ossa e il chirurgo plastico dei tessuti molli.
La scorsa settimana, Mario Cherubino con Federico Tamborini e Alessandro Fagetti ha ricostruiti la mano del giovane, le tre dita penzolanti a cui sono stati rifatti nervi, tendini e vene : «Prima abbiamo analizzato le lesioni e l’entità del trauma. Quindi, abbiamo cominciato a ricostruire: le otto arterie, prelevandole da vene dell’avambraccio, poi tutti i nervi per la sensibilità e i tendini per la mobilità. Infine, il pollice con la ricostruzione dell’osso e poi i nervi e le arterie per la ripresa della vitalità». Alla fine la mano è stata ricomposta anche grazie alla perfetta conservazione del dito tranciato: « Era in un sacchetto pulito dentro un contenitore con il ghiaccio. L’importante è che il dito non entri in contatto con il ghiaccio».
Ora il giovane deve riacquistare la mobilità della sua mano: « Di solito occorrono dalle sei settimane ai 4 mesi di fiosioterapia a seconda della risposta del singolo ( per una gamba si va dai 9 mesi ai due anni per la piena funzionalità). Ciò che ci fa decidere se intervenire con la ricostruzione è sempre la condizione del paziente perché il proprio arto, anche se ricostruito, ha sempre una funzionalità migliore di qualsiasi protesi».
Nella casistica delle due equipe ci sono vari casi: dalla donna rimasta incastrata con il braccio nell’impastatrice, al camionista appeso al suo mezzo con il braccio incastrato. E poi amputazioni per diversi incidenti : « Varese è stato definito “trauma center” a livello lombardo – spiega il dottor Cherubino – così ci arrivano grossi traumi un po’ da tutta la regione. In media affrontiamo dai 30 ai 50 incidenti grossi all’anno. Poi ci sono tutti i casi minori come quello affrontato la scorsa settimana. Di solito è più facile intervenire su un arto troncato di netto che su uno schiacciato: in quest’ultimo caso occorre ricostruire anche l’osso e le difficoltà aumentano».
Nella quotidianità di Mario Cherubino c’è poi la collaborazione con il professor Castelnuovo, uno degli otorini più quotati a livello internazionale per la sua competenza nei tumori della base cranio: « Questo è un campo totalmente differente. Ma il livello è molto alto e le possibilità di imparare cose nuove ,che poi adatto ad altri campi, si moltiplicano. La mia figura è trasversale in chirurgia e ciò mi permette di mettermi sempre in gioco per migliorare».
Una piccola eccellenza tutta varesina
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