Officina Contemporanea

Le tre vie per correggere i comporamenti non virtuosi

Paolo Cattorini, medico e filosofo, è stato ospite durante la rassegna di Filosofarti cercando di dare una risposta a questa domanda: "Come si fa a correggere qualcuno che ha sbagliato?"

PAOLO CATTORINI AL FESTIVAL DI FILOSOFIA DI GALLARATE

Come si fa a correggere qualcuno che ha sbagliato? Come si fa a dare le giuste motivazioni (anche a noi stessi) per non commettere più lo stesso errore? Queste sono domande che, prima o poi, si sono posti tutti gli educatori, gli insegnanti, i genitori e probabilmente ognuno di noi; sono quesiti che rimandano ad una riflessione ben più profonda sulla virtù e ai quali Paolo Cattorini risponde offrendo una panoramica sulle virtù e sull’etica della vita al pubblico riunito domenica 19 marzo 2017 alle ore 21 al Civico 3 in occasione di Filosofarti (il festival di filosofia di Gallarate).

La lezione magistrale è stata ospitata nella sede gallaratese del progetto Civico 3 che è gestito da un’associazione che si occupa di arte, cultura e solidarietà sociale. L’ambiente era piacevole e Paolo Cattorini (medico, filosofo e professore ordinario presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Varese dell’Università degli Studi dell’Insubria) ha acceso subito la curiosità degli ascoltatori ponendo delle domande che potevano rientrare nella quotidianità di ciascuno, ma che celavano all’interno di esse un ragionamento ben più articolato e legato ad una caratteristica intrinseca dell’essere umano: la virtù e la capacità di venirne a meno. In merito a quest’ultimo punto, Cattorini spiega che esistono principalmente tre modi per “correggere” un comportamento non virtuoso.

Il primo di questi metodi è tipico del pensiero utilitaristico e si basa sul concetto di tenere conto delle conseguenze (dei pro e dei contro) delle azioni che compiamo: se gli effetti positivi sono maggiori di quelli negativi, allora l’azione verrà intesa come virtuosa. Sfortunatamente, è praticamente quasi impossibile prevedere tutte le conseguenze e ce ne sarà sempre una imprevista. Il secondo metodo si basa sull’idea di “trattare gli altri come tratteresti te stesso”, poiché “c’è un agente morale in ognuno di noi che non va mai offeso”. A questo punto l’azione non virtuosa viene evitata perché semplicemente non si fa. È la regola. La terza via proposta da Cattorini si rifà ai concetti dell’etica delle virtù, secondo la quale si diventa l’azione che si compie. Questo metodo, anche se presenta qualche svantaggio (come ad esempio la difficoltà nel definire cosa è considerabile virtuoso), viene ritenuto molto efficace poiché obbliga ad un esercizio narrativo, ovvero bisogna contestualizzare l’azione per la quale si deve esprimere un giudizio; bisogna interpretare il desiderio che muove all’azione (spesso le azioni più importanti della nostra vita vengono prese in base al desiderio); la virtù è “una seconda natura” e ciò implica che si diventa l’azione compiuta non quando essa viene eseguita una volta sola, ma ben sì quando viene portata a termine numerose volte fino a che diventa un gesto naturale e parte integrante della propria natura.

Al termine dell’incontro, mentre il pubblico si preparava ad attraversare la porta del locale per tornare alla propria vita, veniva da riflettere sull’etica della virtù, su quest’idea che porta inevitabilmente a domandarci su che tipo di persone vogliamo essere e come vogliamo essere ricordati.

Questo articolo rientra nel progetto del Social Team di [OC] Officina Contemporanea, la rete per la cultura a Gallarate

Emmanuele Occhipinti

Pubblicato il 22 Febbraio 2017
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