Fiducia e nuovi bisogni, il welfare aziendale secondo la rete Giunca

È stata la prima rete di imprese in Italia a scopo mutualistico. Oggi conta tredici imprese, dalle pmi alle multinazionali, tra cui le nuove entrate Mazzucchelli 1849 e Vibram

welfare

In Italia sono sempre di più le imprese che scelgono di adottare misure di welfare aziendale. Secondo i dati del ministero del Lavoro su 20 mila contratti di secondo livello, uno su cinque include beni e servizi destinati ai dipendenti.
Dietro la parolina magica “welfare” c’è un intero mondo fatto di bisogni molto diversi tra loro. Si va dall’assistenza sanitaria alle somme per prestazioni dirette per familiari anziani o non autosufficienti, dall’istruzione dei figli ai servizi di mensa e trasporto, dai buoni pasto ai servizi di ricreazione. A stimolare lo sviluppo del welfare aziendale non hanno contribuito solo gli sgravi fiscali ma una serie di effetti collaterali vantaggiosi che le imprese traducono in maggiore produttività, competitività, reputazione aziendale e fidelizzazione dei dipendenti.

In provincia di Varese nel 2012, nel pieno della crisi economica, nasce la rete Giunca, acronimo che sta per “Gruppo imprese unite nel collaborare attivamente”. È la prima rete di imprese italiana dedicata al welfare aziendale. «Su tremila reti nate nel nostro Paese, quelle a scopo mutualistico si contano sulle dita di una mano» dice con un pizzico d’orgoglio la presidente Lucia Riboldi (foto sopra), responsabile risorse umane della Viba spa di Tradate.

Giunca che oggi comprende tredici imprese, tra cui le nuove entrate Mazzucchelli 1849 di Castiglione Olona e Vibram di Albizzate,  per un totale di oltre duemila lavoratori, è la rappresentazione dell’ecosistema produttivo italiano, in grado di far convivere nello stesso distretto imprese appartenenti a diversi settori manifatturieri (costruzioni, meccanica, plastica, chimica e farmaceutica) e di varie dimensioni, dalle pmi alle multinazionali tascabili.

Presidente Riboldi, quanto ha influito sull’accelerazione che ha avuto il welfare integrativo il fatto che alcuni contratti collettivi, come quello dei metalmeccanici, lo abbiano messo al centro della contrattazione?
«Credo che sia stato un percorso complessivo più che un effetto riconducibile solo alla contrattazione collettiva. Lo dico perché questo tipo di crescita l’ho constatata nella rete Giunca che è partita da una semplice aggregazione di aziende che avevano già una loro struttura nell’offerta di welfare ai dipendenti per diventare una vera rete con un fine mutualistico. Le aziende che sono entrate a farne parte hanno riconosciuto nella rete un valore aggiunto. Ciò significa che il network sul territorio ha il suo peso».

Imprese di diverse dimensioni e settori. Come fate a tenerle insieme?
«Questa è stata la nostra sfida. Per partire come rete non era sufficiente trovare una sinergia, occorreva trovare anche un linguaggio comune su una partita come quella del welfare che in alcune aziende era già molto avanzata mentre in alcune non lo era ancora per motivi indipendenti dalla volontà dell’imprenditore. È chiaro che una multinazionale può offrire più possibilità rispetto a una piccola impresa. Ecco perché ancora oggi il nostro sforzo maggiore è l’integrazione delle diverse culture aziendali per trovare prospettive di sviluppo che possano valere per tutti, indipendentemente dalle dimensioni».

Se la piccola impresa cerca una sinergia anche sulla singola convenzione, perché una grande impresa o una multinazionale aderisce alla rete Giunca?
«Perché far parte di una rete di imprese per il welfare, cioè con uno scopo mutualistico, nel pieno della crisi e in un periodo difficile per l’economia è una risposta, una reazione concreta che si fa sentire su aspetti molto pratici. Giunca è stata la prima in Italia e rimane ancora tra le pochissime reti di impresa con un fine di questo tipo».

Mi sta dicendo che la rete nel vostro caso è stata una leva per risollevare la fiducia del sistema?
«La rete è uno strumento di fiducia. Quando tredici imprese di dimensioni e settori diversi decidono di mettersi insieme, andare davanti a un notaio e prendersi l’impegno formale di fare azioni di welfare in sinergia e congiuntamente agli altri, che cosa può essere, se non un atto di fiducia. Non si tratta solo di mettere in comune una convenzione, c’è chi condivide un’idea, una persona o un contato che permette alla rete di sviluppare azioni di welfare. Pensiamo allo scambio di lavoratori, che sono una risorsa strategica, con l’utilizzo del distacco attraverso la forma semplificata che si prevede per le reti. Alcune aziende all’interno di Giunca già lo fanno e i lavoratori a loro volta accettano questo scambio con fiducia perché la rete dà una chance in più in termini di occupabilità».

Le azioni di welfare aziendale spesso prendono in considerazione la famiglia. Come dire, dietro il lavoratore c’è un mondo che bisogna ascoltare.
«È un passaggio fondamentale perché il welfare riporta l’azienda nella comunità territoriale. Ci sono nuove esigenze che chiedono risposte immediate e la rete è un modo per rispondere in tempi ragionevoli. Anche con gli strumenti tradizionali ci si può arrivare ma il percorso è più lento. Tutti i bisogni sono legittimi ma se li decliniamo all’interno del contesto aziendale, notiamo che i fabbisogni sono molto eterogenei e la loro soddisfazione dipende dalle possibilità dell’imprenditore. La rete Giunca dà più possibilità, le amplia e contemporaneamente aiuta a crescere tutti i soggetti che ne fanno parte».

Perché la cultura è centrale per il welfare aziendale?
«Perché è un bene prezioso, una di quelle esigenze che hanno bisogno di una risposta su più piani. Giunca ha fatto convenzioni con i teatri del territorio, tra cui Varese, Gallarate, Saronno, e stanno funzionando bene. Inoltre stiamo sviluppando una serie di progetti rivolti ai giovani per rispondere a una preoccupazione delle famiglie che legittimamente si chiedono quale sarà il futuro dei loro figli. Dare a un figlio la possibilità di studiare è un investimento che nessuna famiglia nega a costo di fare sacrifici, ma poi rimane l’incognita sul futuro. È per questo che abbiamo aderito al progetto Giovani di valore per creare opportunità nell’occupazione. Spieghiamo ai ragazzi cosa cercano le aziende e le abilità che bisogna costruire, mentre gli imprenditori spiegano come si fa impresa. L’obiettivo è cercare un linguaggio comune in modo che i giovani e le aziende possano comunicare, cosa che ancora oggi non avviene. I millennials sono per le aziende una grande risorsa di mediazione perché spesso sono gli unici in grado di traghettarle nell’uso delle nuove piattaforme tecnologiche».

Che reazione ha avuto il sindacato alla nascita di Giunca?
«Il contratto di rete è tra imprenditori e siccome su questo territorio le aziende hanno da sempre buone relazioni sindacali è stata data la comunicazione alle varie organizzazioni. Un collegamento comunque esiste perché Giunca fa parte di network più grandi come l’Alleanza territoriale di conciliazione a cui partecipa anche il sindacato e dove condividiamo un fine comune. Nessuno si vuole sostituire a nessuno, ognuno deve declinare questa partecipazione nel proprio ambito».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 20 Luglio 2017
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