Tra i disperati della stazione di Varese
Vengono da Nigeria, Giordania, Sudan, dormono all'aperto e tra loro si mischiano anche i poveri della città
Christopher è un nigeriano di 32 anni. È arrivato in Italia registrandosi alla questura di Lecce che ha fatto domanda per l’asilo internazionale ma gli è stata rifiutato il visto. Ora è a un bivio: tornare in Nigeria, nella regione del Biafra da cui proviene, oppure andare clandestinamente in Germania.
Mostra il biglietto aereo da Fiumicino, si esprime a fatica ma appare indeciso sul da farsi. Jibril è un ragazzo sudanese. Non parla alcuna lingua europea, solo l’arabo, e cerca protezione in Europa. Ibrahim ha 42 anni, una moglie e una figlia in Giordania.
Il 17 settembre deve presentarsi in questura a Varese per la sua domanda di asilo politico o verrà accolta o se ne tornerà a casa, ma intanto vive di espedienti: “Vado a chiedere un po’ di pane in una chiesa in città – dice – e dormirò qui perché non ho nulla”.
Christopher parla volentieri, in inglese, e dice: “È pericoloso stare qui la notte ma non ho alternative. Mi piacerebbe andare in Germania, ma per adesso non riesco a muovermi. Qui mangiamo solo pane, che troviamo grazie alla chiesa“.
Un altro ragazzo africano dorme sotto le coperte, alza ogni tanto la testa. I disperati della stazione hanno posizionato materassi, tende e altro sul binario morto della stazione di Varese. La notte diventano una trentina. Il più aggressivo è un marocchino che ci insulta: parla bene italiano, non è un migrante.
Il binario dei disperati, dice l’assessore Molinari, non è un problema nuovo. Eppure la situazione di Varese, al confine con la svizzera, la rende simile a Como, Ventimiglia e Milano centrale. Christopher ha dormito in aeroporto, a Fiumicino, per giorni, poi in stazione centrale a Milano. Questa tendopoli di fortuna si alimenta di personaggi sempre diversi. Una coppia di romeni, marito e moglie, dorme ad esempio sul ciglio del binario in queste notti d’estate. Non sono persone che cercano un permesso di soggiorno, ma due poveri che non hanno più la casa.

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