L’Insubria passa l’esame degli studenti
Cosa pensano gli studenti della loro Università. Le voci più critiche riguardano alcune strutture, ma corsi, professori e la dimensione familiare dell’Ateneo passano la prova a pieni voti
Del Comitato nazionale di valutazione, in visita presso l’Università dell’Insubria, gli studenti sono a conoscenza se non altro perché hanno visto nei giorni scorsi girare per i corridoi e le aule dell’Università, professori e commissari. Parte del verdetto del gruppo, presieduto da Giuseppe Catalano e Carlo Buonaura Calandra è stato affidato anche a loro. Qual è il giudizio sul sistema didattico di cui fruiscono e in che maniera determineranno l’esito della visita appena conclusa. A loro va quindi la parola. Strutture, servizi, corsi e docenti, ma anche il rapporto con la città, questi sono gli elementi di discussione con alcuni studenti delle principali facoltà dell’Ateneo: Medicina, Economia e Biologia. Nessuna insufficienza grave per le strutture dell’Università: laboratori, aule computer e biblioteca sembrano soddisfare gli studenti, anche se non tutti se la passano allo stesso modo. In particolare quelli delle sedi periferiche, come Medicina nel polo di Bizzozzero, ma soprattutto i biologi del Dbsf. In cui mancano le aule studio e una biblioteca paragonabile a quella della sede centrale di via Ravasi. Ma a fronte di queste carenze, c’è anche la consapevolezza di trovarsi di fronte a strutture ancora in via di allestimento. Buona l’organizzazione: niente corsi affollati o cartelli affissi alle porte delle aule che annunciano la sospensione delle lezioni e la condotta dei docenti è impeccabile. A loro va infatti un premio per la disponibilità.
Varese non ha le tradizioni della città universitaria, non è stata pensata per le esigenze degli studenti. Ma questo non sembra rappresentare una difficoltà. Da una parte la città crescerà e dall’altra anche l’Università, con l’organizzazione di convegni e la ricerca di collaborazioni locali sta facendo molto per cambiarla. E inoltre il polo universitario varesino non viene scelto dagli studenti per la sua tradizione goliardica. La qualità più apprezzata è ancora la dimensione familiare, che permette contatti più diretti con i professori e rapporti di amicizia più facili. Questo forse a scapito dell’organizzazione collettiva del tempo libero. "Non esistono associazioni che organizzino la vita sociale universitaria, frequentare i corsi costituisce tuttavia un’opportunità di incontro e di eventuali amicizie – racconta Nilo Riva, studente di Medicina – non ho mai rilevato problemi nell’organizzazione dei corsi fino ad ora seguiti. Varese non è stata ovviamente progettata per essere una città universitaria, il polo di Medicina è situato a Bizzozzero, zona periferica, in cui i servizi pubblici ci sono ma non sono stati ideati in funzione di una struttura quale un’università, essendo ad essa preesistenti. So comunque che ci sono progetti per rivalutare e valorizzare questa zona. Non c’è una mensa, ma ciò non rappresenta un problema, in quanto sono state fatte convenzioni con strutture che offrono un buon servizio. La dotazione informatica è buona, con un sufficiente numero di computer; le sale studio sono al momento sottodimensionate rispetto alle esigenze, gli edifici sono tuttavia ancora in allestimento. Spero siano previsti spazi capienti e silenziosi." Più comoda la sede di Economia. A parlarne è Marta Naletto, una studentessa di Economia al terzo anno, che può confrontare la sua vita universitaria varesina con un trimestre, all’inizio della sua carriera, frequentato a Milano. E all’Ateneo varesino stenta addirittura ad attribuire difetti. "Di questa Università mi piace l’ambiente familiare, è facile fare amicizia e trovare gruppi di studio. Non è dispersivo come le università milanesi. Io mi ero iscritta ad ingegneria ma al Politecnico sono rimasta per un trimestre, poi ho lasciato e mi sono iscritta ad economia. Qui è meno dispersivo, tutti sanno darti indicazioni e informazioni e questa dimensione influisce anche sul rapporto con i professori, che ti conoscono e con i quali puoi avere un contatto diretto, questo non sarebbe mai potuto succedere al Politecnico, dove, mi ricordo che all’inizio andavo in giro con la cartina. Ad Economia siamo messi bene, non mancano gli spazi per studiare, c’è questa sala studio – ndr. via Ravasi – poi giornalmente sono esposti dei cartelli dove sono indicate le aule libere che è possibile utilizzare. Qui non è silenziosissimo, ma è l’ideale per studiare in gruppo, se è necessario il silenzio assoluto allora la biblioteca si presta meglio. A questo proposito mi piacerebbe che fosse aperta tutti i giorni fino alle sei". E dopo l’elogio alcune preoccupazioni e l’esigenza di qualche servizio in più. "Mi spiace invece di questa Università che sia ancora poco conosciuta, prima quelli di Economia si laureavano sotto Pavia, che comunque è un’ università già affermata con la sua tradizione e il suo nome, noi invece siamo nuovi, la concorrenza con facoltà di economia è notevole e quindi dobbiamo dimostrare di essere bravi – conclude infine Marta Naletto – un servizio che manca, ma che sarebbe utile è l’iscrizione tramite internet". I maggiori disagi li vivono gli studenti di Biologia, come confermano Lidia Mare e Teresa Loria, entrambe studentesse al quinto anno. "Noi non abbiamo posti dove studiare – racconta la prima – per farlo io vengo in via Ravasi, il nostro dipartimento, il Dbsf, è forse un po’ troppo orientato alle esigenze dei ricercatori. Lì seguiamo i nostri corsi, almeno per il quarto e il quinto anno, ma ci sono poi pochissimi posti per studiare". Se mancano le aule studio, i laboratori sono invece considerati ottimi. Ma il giudizio migliore spetta ancora alla dimensione più umana dell’ambiente. "Mi piace il rapporto che possiamo instaurare con i professori appunto perché non siamo una facoltà numerosa – spiega ancora Lidia Mare – questo ci agevola molto per quanto riguarda gli esami, possiamo chiedere gli appelli oppure dimezzare in più prove il singolo esame. Fare gruppo qui è molto facile e infatti ci conosciamo tutti, ma è ovvio che non ci sono le tradizioni di una città universitaria, non ci sono locali dove trovi principalmente studenti, insomma manca forse una reale vita di collettività, ma è anche vero che se si vuole fare, si può fare, basterebbe organizzarsi". Il prestigio dell’Università non desta preoccupazioni, "perché comunque l’Università dell’Insubria sta facendo molto per farsi conoscere, si organizzano infatti validi convegni e conferenze a livello nazionale, e l’offerta dal punto di vista qualitativo è quindi ottima". E il giudizio è confermato dalla collega. "Mi piace il fatto che non ci siano scadenze fisse e rigide – dice Teresa Loria – in tale modo posso gestire meglio il calendario dei miei esami e il mio studio, questo è possibile grazie alla disponibilità dei docenti. Il nostro problema riguarda la struttura, mancano aule studio e la biblioteca è ridottissima, rispetto a quella di via Ravasi inoltre non c’è nemmeno la sala computer e la sala pranzo è solo per chi fa la tesi internamente". Meno addentro alla vita universitaria sono gli studenti dei corsi di specializzazione. Marco Ferrari e Giorgio Vallini sono studenti del diploma per infermieri e li incontriamo all’ora di pranzo presso una mensa convenzionata del centro, dove è spesso facile trovare altri studenti. "In generale va tutto bene, sia i corsi che i professori, tutti preparati – spiega Marco Ferrari – l’unico problema è il fatto di essere isolati, noi infatti seguiamo le lezioni nella aule Seppilli, vicino all’Asl e per mangiare, non essendoci una mensa, dobbiamo comunque prendere la macchina e venire in centro". |
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