«I miei robot sfideranno gli uomini nel 2050»

Storie dallo Smau. Il saronnese Matteo Matteucci è uno dei responsabili del team di ricerca che realizza giochi con l'utilizzo di intelligenza artificiale

Si direbbe che gioca ancora con i robot, ma la sua è una vera e propria professione. È Matteo Matteucci, ha 29 anni, vive a Saronno e fa parte del "Milan RoboCup Team". In questi giorni si trova allo Smau a presentare, insieme ad altri professori e studenti del Politecnico di Milano e dell’Università della Bicocca, delle partite di calcio tra robot divisi a squadre. 
Ovvero i risultati di anni di studi nel campo della robotica. 
Si tratta di robot delle dimensioni di 50 cm per 50, alti al massimo 80. Le partite durano dieci minuti per tempo e si gioca quattro contro quattro. Questi robot, le cui ricerche sono molto costose e il team è sempre alla ricerca di sponsor, sono completamente autonomi e, una volta iniziata la partita, i "tecnici" non possono più toccarli. Ma il tifo è davvero da stadio.
Il team milanese ha recentemente partecipato anche ai campionati mondiali di Padova.
«Dietro la scorza apparentemente ludica e da entertainment si cela in realtà un’attività di ricerca mondiale nel campo della "robotic autonoma" – spiega Matteucci -. Attività che ha trovato nel calcio un terreno comune che presenta difficoltà tipiche della robotica, ma in un contesto simpatico».

Quali sono gli scopi di queste "partite"?
«Le soluzioni trovate in questo settore divertente sono poi applicate in altri campi come la robotica di servizio, ovvero negli uffici e soprattutto negli ospedali. Oppure per la robotica industriale come l’automazione di magazzini, officine, sistemi di visione avanzati». 

Come funziona una partita di calcio tra robot?
«I robot sono completamente autonomi nel senso che, al fischio di inizio, gli viene dato lo start e poi fanno tutto da soli. Hanno un sistema di visione omnidirezionale formato da una telecamera puntata verso l’alto, contro uno specchio che riflette quello che c’e’ intorno. L’immagine viene elaborata per estrarre le informazioni su quello che c’e’ intorno come la palla, la porta, gli avversari. Bisogna tenere conto che, secondo le regole, la palla è rossa, il campo verde, le porte una blu e una gialla, mentre i robot devono essere per lo più neri. Ieri allo Smau, per la prima volta, c’era persino un arbitro della federazione».

Esiste anche un torneo mondiale di calcio tra robot…
«Disputiamo annualmente un campionato tra robot. Quest’anno eravamo a Padova. Questi incontri servono soprattutto a confrontarci sul piano scientifico e tecnologico con il resto del mondo. Da non trascurare poi il lato educativo e formativo della cosa. Nel Team umano che segue i robot ci sono studenti che mettono in pratica ciò che hanno studiato, che si confrontano col reale mondo della ricerca».

Come è andato il confronto con le altre nazioni?
«Non nascondo che la nostra prestazione non ci ha soddisfatto appieno. C’è da lavorare e il confronto con le altre università ci ha mostrato la via. Ma è questo il bello di "RoboCup": non si va per vincere. La competizione è un momento di confronto serio e scientifico affrontato con l’entusiasmo di una sfida. Che cosa è del resto la ricerca se non una sfida?»

Come sei entrato a far parte di questo gruppo?
«Mi sono laureato con una tesi in Intelligenza Artificiale. Poi negli anni sono entrato nel gruppo di ricerca del Politecnico che si interessa di questa cosa; gruppo in cui Andrea Bonarini è il referente ufficiale. Ora lavoro al politecnico come assegnista di ricerca e, oltre alla didattica, mi occupo di fare ricerca, naturalmente con altre persone nel mio gruppo, nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale. In particolare sull’apprendimento automatico».

Quali sono gli obiettivi per il futuro?
«Per me continuare a lavorare nel campo della ricerca e portare, insieme ai miei compagni e colleghi, il "Milan RoboCup Team" al livello delle migliori università mondiali. Un po’ pretenzioso, ma a mio giudizio la ricerca e sopratutto i ricercatori Italiani non hanno niente da invidiare al resto del mondo».

Fino a dove si vuole arrivare con queste ricerche?
«La sfida è stata lanciata nel ’98 con la fondazione del RoboCup. L’obiettivo era quello di "sconfiggere la nazionale umana campione del mondo di calcio del 2050!"». 

Ci riuscirete? 
«Nel calcio è sempre un azzardo fare pronostici».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Ottobre 2003
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