“Siamo tutte un po’ mondine”

Laura Bosio, ospite ad Amor di Libro, ha presentato il suo romanzo "Le stagioni dell'acqua"

Gli esseri umani sono fatti principalmente di acqua. Qualcuno però, in un modo che va oltre l’aspetto fisico, ne ha molta di più degli altri. Lo sa bene Laura Bosio, scrittrice, nata a Vercelli proprio nel cuore della terra delle risaie. Quella terra da cui, gli anni e i fatti della vita, l’hanno fatta allontanare ma che le è rimasta impressa nell’anima. Tanto che il ricordo e una velata nostalgia di quel "mondo capovolto", fatto di alberi e di case che si riflettono nei campi avvolti dall’acqua, l’hanno portata a scavare nel suo passato e a raccontare quelle vite che si intrecciano legate da un solo, ma essenziale, elemento in comune: il riso. È nato così "Le stagioni dell’acqua", un romanzo molto particolare che la scrittrice, presentata dalla giornalista di Varese News Stefania Radman, ha raccontato ieri al pubblico di Amor di Libro

«L’idea originale era quella di scrivere un libro sul lavoro – ha spiegato l’autrice – da lì poi il tema si è avvicinato sempre di più al riso e a quanto sta dietro questa coltivazione. Il romanzo ha preso poi la sua strada. Così ho iniziato a leggere e a documentarmi su ciò che in un certo senso faceva parte della mia vita». Laura Bosio è prima di tutto una scrittrice preparata. Lo dimostra il modo semplice e chiaro che usa per approfondire le cose e per raccontare, con grande leggerezza, luoghi e fatti storici precisi. «È stato un lavoro lungo perchè avevo poche conoscenze tecniche e pratiche della vita nelle risaie. Ho iniziato a cercare libri, archivi, riviste specializzate e soprattutto a parlare con le persone e ad ascoltare i loro ricordi di quel mondo».

Un mondo dove, col tempo, i rimedi chimici hanno preso il posto delle mondine ricurve sui campi e dove, quando il lavoro lo ha reso necessario, è comparsa anche manodopera d’oltre confine. «Alla fine dell’Ottocento (il libro gli dedica quasi due capitoli, ndr) il nemico delle risaie, che in quel tempo era forse più temuto degli avversari di guerra austriaci, era il grillotalpa. Si tratta di un piccolo insetto che scava e distrugge e si riproduce alla velocità della luce mettendo in serio pericolo le coltivazioni. Quella "guerra" fu vissuta con angoscia dai contadini del tempo ma fortunatamente il nemico fu sconfitto. Il riso però è una pianta molto delicata e i fattori che possono comprometterlo sono molti. Qualche anno fa è comparsa una specie di riso “matto” che si chiama "crodo" che poteva essere rimosso solo con il lavoro manuale ma, ahimè, di volontari non se ne sono fatti avanti e i giovani del posto hanno subito gettato la spugna. Per rimediare al problema sono arrivati i "mondini", uomini, dalla Cina».

"Le stagioni dell’acqua" racconta tutto questo ma soprattutto racconta le storie. Storie legate dal riso, che nel romanzo compare come un personaggio che si affianca alle vite degli altri e storie che si intrecciano e ruotano attorno alla Cascina Torricella e alla sua proprietaria Bianca. Vite di donne forti, le stesse che lottarono per il riconoscimento dei loro diritti di lavoratrici, e che sono semplici ma allo stesso tempo energiche. «Quello era un luogo fatto di figure femminili. Ed era inevitabile che fosse così. Il riso ha bisogno di condizioni particolari, di trattamenti speciali e di essere curato. Occorre estro, occhio e intuizione. Le donne di quel tempo sapevano coniugare la fatica quotidiana all’attenzione sul lavoro e alla loro vita ma forse questa è una metafora generale, che si ritrova anche nelle donne di oggi. Sono passati decenni ma, in fondo, siamo ancora tutte un po’ mondine».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Maggio 2007
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