Daverio: “Gallarate centro dell’arte in Lombardia”

Il neoconsulente della GAM, presenta la sua idea per il lancio della nuova galleria: “Un percorso legato alla storia industriale del territorio”

«Le opportunità di fare cultura cresceranno. Grazie ai cinesi». Ha il gusto della provocazione Philippe Daverio, neo-consulente del comune di Gallarate per il lancio della nuova Galleria d’Arte Moderna. Ringrazia i cinesi che ci hanno insegnato che l’industria –almeno una certa industria- fa ormai parte del passato e che in questo modo «ci hanno ricollocati là dove dovremmo stare: nel campo dei creativi, dell’arte e della cultura». Un incipit provocatorio quello del giornalista e critico d’arte, specie se si considera che parla ad una città che alle sue origini industriali è ancora molto legata e riconoscente. Una provocazione per dire che nella società globalizzata le possibilità sono tutte da esplorare:  «Gallarate non deve essere più pensata –continua Daverio- come Gallarate-città, una piccola comunità allargata al più ai comuni circostanti, ma come “quartiere” di una metropoli».  

Nell’enorme metropoli compresa tra Pavia e Como, tra Brescia e Varese, ogni territorio, ogni città diventa un quartiere specializzato, che, conservando la sua individualità, offre la sua specificità ad un bacino di utenza ampissimo: «Un minimo di 3 milioni di persone, che sale a 12 se consideriamo la fascia serale e notturna, quando le strade sono libere e gli spostamenti più agevoli». E proprio sulla proposta culturale serale e notturna (quindi anche estiva) punterebbe il critico d’arte: «Su queste basi, l’obiettivo, per il primo anno, è quello di coinvolgere almeno trentamila persone, destinate poi a salire in futuro». L’esempio cui guardare –senza andare oltre confine- potrebbe essere Brescia, che ha saputo creare un polo museale che attrae visitatori da tutta la Lombardia, ma anche da altre regioni. 

L’incarico assegnato a Daverio dalla giunta è quello di “consulente generale per la mostra di apertura”: un incarico che prevede di lavorare per un anno alla comunicazione dell’attività della GAM,  a definirne il ruolo a partire proprio dall’evento con cui la nuova Galleria si presenterà al mondo dell’arte. Che genere di evento? «C’è una identità comune da cui partire, quella del territorio», che per decenni è stato uno dei pochi “motori” industriali italiani: «Perché non pensare ad una mostra sul rapporto tra arte, invenzione e produzione? E’ un percorso che è nella storia stessa di questo territorio, nella sua passata vocazione industriale». La provocazione iniziale, alla fine, non è dunque antitetica alla storia della città: si guarda al futuro e alla vocazione di polo culturale, ma ripartendo da ciò che Gallarate è stata. «D’altra parte è una scelta necessaria: solo così possiamo coinvolgere il pubblico». 

E la politica? «E’ un disegno grandioso e difficile da attuare, che richiede il consenso di tutte le forze politiche» spiega il presidente del consiglio comunale Donato Lozito. Preclusioni non sembrano essercene, anche se non tutti sanno ancora cogliere la prospettiva proposta da Daverio, dovendosi misurare, ancor oggi, con rivalità e diffidenze tra città vicine. Ma il futuro, per il professore “franco-crucco” – così si definisce lo stesso Daverio, nato da genitori italiani a Mulhouse, nella zona del Reno al confine tra Francia, Germania e Svizzera – è questo.

La politica è chiamata a sostenere, ma certo anche a dare risposte a tante esigenze collaterali, a partire dall’inserimento urbanistico e dai servizi per arrivare ad un elemento fondamentale nella metropoli policentrica cui fa riferimento Daverio: i trasporti, necessari per rendere accessibile la GAM e sostenibile la presenza del polo culturale in città. Perché a Parigi e nell’Ile de France treni, metrò e tram viaggiano fino a notte fonda e sono usati anche per uscire la sera. Così accade anche nella ben più piccola Mulhouse e nell’area renana, dove esiste una stretta integrazione tra vettori di trasporto tedeschi, francesi e svizzeri.

Ma i bus AMSC finiscono il servizio alle 20 e i treni FS non sono come la RER parigina. Di lavoro da fare ce n’è in abbondanza.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Novembre 2007
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