Il Cammino di Santiago, un’esperienza unica
Le riflessioni di Francesco, giovane della parrocchia di Giubiano che ha percorso l'antica strada dei fedeli verso la Galizia
Riceviamo e pubblichiamo
Nel nord della Spagna, in Galizia, si trova una famosa cittadina. E’ un punto di riferimento per la Fede e per tutti i Cristiani nel mondo. Nel centro di questa città c’è una cattedrale, sempre gremita di fedeli, che dimostrano la loro devozione per le reliquie che contiene.
Si tratta della cattedrale di Santiago de Compostela.
Da quando, nel nono secolo, fu scoperta qui la tomba dell’apostolo Giacomo e di due dei suoi discepoli, pellegrini da tutto il mondo vengono in adorazione.
Durante la sua storia questo luogo ebbe alterne fortune fino a quando, nel 1985, Santiago, e i cammini che da tutta Europa portano a questa città, furono riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO. Da allora migliaia di persone hanno ripreso a percorrere le strade che fin dal Medioevo gli antichi pellegrini battevano per pregare, portare doni al Santo, riscoprire la propria Fede.
Quest’anno anche alcuni giovani del Decanato di Varese hanno deciso di vivere quest’esperienza.
Insieme abbiamo lasciato le comodità a cui eravamo abituati, e abbiamo sperimentato lo spaesamento che sempre c’è all’inizio di ogni pellegrinaggio: ci siamo lasciati alle spalle il nostro mondo, per entrare in uno spazio che non è quello abituale. Lontani dai problemi e dagli stress quotidiani, lontani dalla tecnologia che ci dà, spesso, un senso di effimera sicurezza, abbiamo imparato che è possibile vivere semplicemente, consci dei propri limiti e dell’essere dipendenti da tutto. Vivevamo senza avere tutto programmato, senza sapere quando saremmo arrivati alla tappa successiva o se avremmo trovato posto per dormire negli ostelli. Questo vivere ad un’altra velocità, camminare a piedi, ci ha concesso di apprezzare meglio il tempo che ci era dato.
Anche le relazioni personali sono state un tassello importante del viaggio. E’ stato per una volta possibile incontrare persone, i nostri compagni di viaggio o altri viaggiatori che incrociavamo lungo il cammino, senza il solito, perfido, “non avere tempo”. Abbiamo imparato cosa significa condividere i momenti allegri dello stare insieme e le fatiche.
Camminare significa infatti anche fare fatica. Tutti abbiamo affrontato la stanchezza, le scomodità, le vesciche ai piedi. Ma quando sembrava che non ce l’avremmo più fatta, subentrava una rinnovata energia, che ci spingeva a continuare. Anche le frecce e le conchiglie, simbolo della via verso Santiago, che segnalavano il percorso, infondevano fiducia e donavano nuovo vigore, rassicurando di essere sulla giusta strada.
Le bellezze della natura che osservavamo, le difficoltà a superare gli ostacoli, la dipendenza dal tempo atmosferico, tutto poteva suscitare la contemplazione o la riflessione personale.
Forse per rendersi conto che il cammino, l’atto andare verso una meta a noi cara, è un po’ il simbolo della vita di ogni uomo.
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