Ecco perchè rimandiamo gli impegni

Un pool internazionale di ricercatori ha provato a capire perchè in ufficio si diffonde il vizio di procrastinare. Una malattia del lavoro che possiamo curare con poche regole

Sarà il ritorno dalle ferie natalizie, sarà la voglia di non affrontare gli impegni. Eppure succede a tutti, in ogni periodo dell’anno: quando ci viene assegnato un nuovo compito lo accantoniamo, lo rimandiamo. Probabilmente, poi, ce ne dimenticheremo e dovremo svolgerlo, malamente, all’ultimo minuto.

Sembra solo un cattivo atteggiamento eppure negli Stati Uniti ormai si parla abitualmente del vizio di procrastinare, considerato una vera e propria malattia del lavoro.  Secondo la rivista Slate il 20% della popolazione mondiale soffrirebbe cronicamente del vizio di proroga, accentuato dalle sirene della perdita di tempo come i social network o eBay. Esiste persino un sito Internet, Procrastinus, che ci aiuta a misurare la nostra propensione a procrastinare.


L’ultima ricerca sul campo arriva però dalla Germania, dove un team internazionale di scienziati diretto da Sean McCrea dell’Università di Konstanz ha provato a capire se, in fondo, è proprio tutta colpa nostra. La ricerca, infatti, aveva lo scopo di individuare una relazione evidente tra la modalità di assegnazione dei compiti e il tempo di svolgimento degli stessi.


L’esperimento, applicato su diverse classi di studenti, è stato all’apparenza semplice: a tutti è stato richiesto di rispondere ad un questionario identico. Ad alcuni, però, è stato detto chiaramente come rispondere (risposte concise, concrete, descrizioni immediate) ad altri è stato semplicemente  chiesto di "rispondere", lasciando spazio ad un ragionamento astratto. Tutti quanti sarebbero stati ricompensati economicamente dopo aver risposto alla mail. I risultati hanno mostrato chiaramente che quando una richiesta è ben articolata, organizzata e precisa, il desiderio di procrastinare è meno influente, portando ad una maggiore puntualità.

Questa ricerca, pubblicata su Psychological Science, è meno frivola di quanto possa sembrare, perché va a dare conferme scientifiche al metodo del Getting Things Done. Il Getting Things Done (abbreviato GTD) è un sistema di lavoro di gran moda negli States, nato da un best seller di David Allen (foto). Le regole del GTD  hanno lo scopo di aiutare chi lavora in ufficio ad organizzare i compiti assegnati, dividendoli in parti minime di azioni da compiere. Intorno al testo di David Allen si è creato un giro d’affari di milioni di dollari, spesi in manuali, agendine speciali e software per il computer. I programmi sviluppati intorno a queste teorie crescono in numero ogni giorno, mentre il GTD è ormai considerato il metodo di lavoro più cool dal popolo del web, blogger tecnologici in testa. Un successo scientificamente giustificabile? A quanto pare, almeno dalla ricerca tedesca, sì.



Ecco, per i più pigri, alcune regole di base del Getting Things Done. Il metodo consiste nel raccogliere tutti i materiali relativi al nostro lavoro (email, telefonate, commissioni, letture, fax etc) in un luogo unico, chiamato inbox. Quindi dobbiamo prendere in mano il contenuto della inbox, oggetto per oggetto, chiedendoci cosa dobbiamo farne.

a) Se il materiale non presuppone un’azione si prospettano subito 3 possibilità:

    – Lo cestiniamo perché inutile
    – lo archiviamo per futura consultazione
    – Lo teniamo in una cartella dedicata ai materiali relativi a lavori ancora in dubbio (cartella Sometimes)

b) Se presuppone un’azione, bisogna distinguere se:

    – È frammentabile in più azioni elementari, allora viene creato un apposito progetto
    – È composta da un’unica azione della durata inferiore a due minuti: in tal caso va eseguita subito, procrastinare richiederebbe ancora più tempo
    – È composta da un’azione della durata superiore ai due minuti. In questo caso decidiamo se è più efficiente delegarla (inserendola nella lista dei feedback, per ricordarci di controllare che sia stata eseguita) o “spostarla” temporalmente inserendola nella lista delle prossime cose da fare (Next steps), oppure inserirla in agenda se è assolutamente necessario che venga eseguita in un preciso momento.



Nessuna azione deve ritornare nella inbox, soltanto in questo modo possiamo essere sicuri che tutto venga pensato all’inizio, quando la mente è più fresca. Dopo questo ragionamento iniziale, si devono prendere in mano le liste  di cose da fare, provando il piacere di eliminare ad uno ad uno i passi che ci dividono dal raggiungimento dei nostri obiettivi.
 

Tante regole insomma, come tipico dei manuali americani, anche se David Allen ricorda spesso la necessità di costruirci un metodo personalizzato. Chi volesse approfondire, può trovare in libreria la traduzione ufficiale del manuale di David Allen o acquistare dei software per PC (un Getting Things Done Outlook Add In per Windows o OmniFocus su Mac). A manuali, programmini e agendine, comunque, deve essere aggiunto un ingrediente fondamentale: un bicchiere bello pieno di buona volontà.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Gennaio 2009
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