Doping alle bufale per produrre più latte, in manette anche un varesino
Vasta operazione dei carabinieri del Nas di Napoli: 22 ordinanze di custodia cautelare. Tra queste anche Enrico Callegari di Sumirago, ex imprenditore e proprietario di un’azienda agricola chiusa da tempo
Vasta operazione dei carabinieri del Nas di Napoli che hanno disposto oggi (giovedì 2 aprile) 22 ordinanze di custodia cautelare, di cui cinque in carcere e 17 agli arresti domiciliari, per l’importazione illecita di un farmaco dopante che veniva impiegato dagli allevatori per aumentare la produzione di latte delle bufale. Lo hanno reso noto i carabinieri di Napoli, evidenziando il coinvolgimento del clan camorristico dei Casalesi nel traffico di questi steroidi. Il farmaco somministrato ai capi d’allevamento, il Boostin, contiene somatotropina, un ormone della crescita, ed è vietato in Italia e in tutta l’Ue. Tra gli arrestati (ai domiciliari) anche un cittadino del Varesotto, Enrico Callegari, classe 1935, ex imprenditore e proprietario di un’azienda agricola chiusa da tempo: la sua casa di Sumirago è stata perquisita dai carabinieri.
I reati contestati a vario titolo sono traffico di stupefacenti, esercizio abusivo della professione di medico veterinario, somministrazione di farmaci pericolosi per la salute pubblica, adulterazione di sostanze destinate all’alimentazione prima che venissero destinate al consumo umano, vendita o cessione di sostanze alimentari non genuine. Oltre alle ordinanze di custodia cautelare, sono stati emessi anche 47 decreti di perquisizione, e tre veterinari sono stati temporaneamente sospesi dall’esercizio della professione. L’indagine sul comparto degli allevamenti bufalini nella provincia di Caserta che ha portato agli arresti di oggi è iniziata a febbraio del 2006. Il clan dei Casalesi riceveva una quota mensile dei proventi dell’attività illecita, garantendo in cambio all’organizzazione il monopolio nelle zone del Casertano della fornitura della sostanza. Le indagini sarebbero giunte a scoperchiare il traffico anche grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Domenico Bidognetti e Luigi Diana.
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