Le aggregazioni funzionano, parola di imprenditori

Le esperienze di Giuseppe Morandini (Fornaci Giuliane) e di Francesco Pinto (Yamamay), dicono che aggregarsi e crescere è innanzitutto una questione di testa e di cuore, prima che di bilancio

«Sono un credente e praticante delle aggregazioni»  il Presidente della Piccola Industria di Confindustria Giuseppe Morandini (nella foto) spiega così la filosofia che sta portando avanti in una serie infinita di convegni in tutta Italia. Perchè nella razionalizzazione dimensionale delle piccole aziende come metodo per rendere più moderna l’economia italiana e magari uscire tutti dalla crisi, crede davvero, e non in teoria.

«Io produco mattoni e qualche anno fa mi sono unito al mio principale concorrente, una specie di nemico di famiglia: i nostri rispettivi nonni non si salutavano per strada. A tutti sembrava una follia, ma un anno dopo gli effetti in termini di cash flow erano già evidenti».

Giuseppe Morandini,‭ ‬48‭ ‬anni,‭ ‬friulano,‭ ‬è stato infatti protagonista di un bel cambio nell’azienda di famiglia: ‭ ‬la trasformazione nel‭ ‬2001 della Fornaci Morandini spa,‭ ‬fondata dal bisnonno nel‭ ‬1923,‭ ‬da una azienda a conduzione famigliare a una gestione manageriale,‭ ‬attraverso un’operazione di fusione con il suo principale concorrente.‭ ‬Oggi la Fornaci Giuliane spa,‭ ‬di cui Morandini è presidente,‭ ‬rappresenta un polo regionale nel settore dei materiali da costruzione e conta circa un centinaio di dipendenti.‭ ‬«Mi hanno chiesto se avevo pudore a raccontare la mia storia:‭ ‬ma io non mi vergogno proprio per niente di dire che, se‭ ‬non avessimo fatto questa operazione, la storia della nostra azienda sarebbe finita alla quarta generazione,‭ ‬la mia.‭ ‬Con tutte le tristi conseguenze del caso‭. Ma, grazie a questa scelta, non è andata così».

‎Morandini è dunque il "testimonial" perfetto per cercare di comprendere qual è la ricetta vincente per aggregarsi: ‬«Purtroppo, i due principali motori propulsori del nostro cambiamento sono stati una situazione di crisi,‭ ‬che già di per sè costringe a guardarsi intorno,‭ ‬e il fatto che nel frattempo fossero cambiate le generazioni. Un elemento, quest’ultimo, importante, senza nulla togliere alle generazioni precedenti:‭ ‬ i più giovani,‭ ‬che hanno fatto studi diversi e frequentato diversi ambienti,‭ ‬riescono più facilmente a guardare oltre‭»‬.

Il problema e l’opportunità del "pensare per aggregazione" sta infatti proprio nella testa, nella capacità di vedere in una maniera nuova la propria azienda. «L’aggregazione è una vicenda che riguarda la dimensione antropologica dell’azienda,‭ ‬prima ancora che economica». Spiega Francesco Pinto, AD di Inticom, l’azienda che gestisce il marchio Yamamay..«Pensate a come è strana la vicenda della Inticom,‭ ‬che ha radici profondamente napoletane‭ – ‬metà dell’azienda è della mia famiglia,‭ ‬originaria di Napoli‭ – ‬ma ha sede a Gallarate e si è sviluppata in questo distretto.‭ ‬La verità è che si può fare gli imprenditori in diversi modi.‭ ‬Ad esempio ci si può comportare‭ ‬come un alpinista ardito e solitario. Noi invece crediamo nel valore della cordata».

Fare cordata, però, non è un processo dovuto, o automatico:  «Noi e i Cimmino‎ ‬siamo riusciti ad integrare le nostre competenze,‭ ‬e con l’aggregazione abbiamo potuto affrontare il mercato con un marchio e un catalogo,‭ ‬cosa che sarebbe mai potuta succedere se fossimo stati da soli.‭ ‬Insieme abbiamo messo il meglio di due vite di lavoro,‭ ‬nella produzione e nel marketing‭»‬.

La Inticom ora fattura 100 milioni di euro all’anno, ha 500 addetti e 500 punti vendita, e cresce a un ritmo che negli ultimi tre anni è stato pari al 30%. Per riuscire in questa operazione, è stato importante definire alcuni capisaldi nei rapporti: «‏Rispetto reciproco,‭ ‬una definizione precisa della governance, cioè del chi fa che cosa. Una ‭ ‬cultura del lavoro simile, che permetta di integrare i ritmi reciproci – ha concluso Pinto – Ma soprattutto una ‭ ‬valorizzazione delle individualità: per esempio, ‭ ‬Cimmino ha un talento speciale nel marketing,‭ ‬che noi tutti in azienda gli riconosciamo, e che rappresenta molto del nostro successo comune. Esserne invidiosi non avrebbe senso‭».


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Pubblicato il 28 Aprile 2009
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