Lega e Pdl ai ferri corti sulle alienazioni
In commissione bilancio si chiede di rivedere il documento che precisa le modalità per l'alienazione di terreni ed edifici di proprietà comunale. Prosegue il braccio di ferro sotterraneo in maggioranza
Il regolamento per le alienazioni degli immobili comunali (terreni ed edifici) è cosa troppo seria per lasciarlo all’amministrazione. Dovrà essere la politica, nel senso dei partiti, ad esprimersi in materia. Questa l’impressione dopo la seduta della commissione bilancio e affari generali che ha preso in esame il testo concordando, senza neppure troppa discussione, la decisione più tipica della politica locale: il rinvio, come ha preso atto il presidente Ruggiero (PD). E con il punto stava per sparire anche un intero consiglio comunale, quello previsto per il prossimo 16 aprile in cui, dopo la pausa pasquale, si sarebbe dovuto proprio votare il regolamento, che a questo punto potrebbe slittare. Particolare di non poco conto perchè le alienazioni, ossia in soldoni le vendite di parti del patrimonio immobiliare comunale, sono parte integrante del bilancio votato in aula dalla maggioranza – con qualche leggerissimo mal di pancia, quel tanto da far dimettere sul posto il sindaco, poi tornato sulla decisione, naturalmente alla sua maniera.
Sono proprio gli strascichi di quei mal di pancia fra Lega e Forza Italia (ora PdL dopo aver ingoiato An e i transfughi dell’Udc bustese), probabilmente, alla base anche del minuetto su questo importantissimo regolamento che stabilirà cosa e come si potrà vendere ai privati del patrimonio comunale di terreni e strutture. Un emendamento del presidente del consiglio comunale, il leghista Francesco Speroni, aveva inserito fra le strutture vendibile nientepopodimeno che lo stadio di calcio, alla faccia delle promesse dell’allora assessore (forzista) Mario Crespi di non inserire "gioielli di famiglia" nel lotto dell’offerta.
Per l’avvocato Diego Cornacchia (PdL), puntiglioso e mordace come sempre, il regolamento così come presentato appariva «inintellegibile, con una terminologia anche errata dal punto di vista giuridico». Altolà appena ammorbidito nei toni dal collega di partito Orsi, che chiedeva «almeno due passaggi in commissione» per approfondire. Quando si arrivava a parlare di cancellare la seduta di consiglio del 16 aprile, il vicesindaco e assessore alla partita, il leghista Giampiero Reguzzoni è sbottato: «Ho degli atti da portare avanti, il consiglio deve riunirsi e metterli ai voti o si blocca tutto, e allora tiriamo giù la claire…» Di nuovo per il PdL il consigliere Riva sottolineava che con il regolamente «dobbiamo essere sicuri di fare esclusivamente il bene dell’amministrazione», o meglio della città come gli veniva suggerito. Insomma il documento per ora non piace, è stato chiesto tempo per esaminarlo meglio, ed esplicitamente è stato richiesto il coinvolgimento del livello politico: quelle segreterie, quelle influenti cordate informali (quelle "oligarchie" nella versione del pidiellino Angelucci che tanto ha fatto rumore nelle settimane scorse) che non necessariamente traspaiono nel consiglio comunale, luogo della discussione pubblica, ma dietro le quinte dispongono e decidono. La partita degli immobili è di vecchia data: a lungo la Lega Nord ha fatto fuoco e fiamme per ottenere quella Agesp Servizi di cui è amministratrice delegata per il Carroccio Maria Paola Reguzzoni e presidente Sergio Bellani (PdL), e che per l’appunto ha fra i compiti statutari la gestione del patrimonio comunale. Ciò pur non avendo peraltro autonomia decisionale: ogni scelta in fatto di alienazioni dovrà passare dal consiglio comunale.
Mentre i partiti di maggioranza si esercitano nel braccio di ferro, il riconfermato sindaco, quando non è impegnato a tenere insieme l’altra "cordata" quella che dovrebbe rilevare la Pro Patria fallita e prima in classifica, rimette ordine nella baracca di Palazzo Gilardoni spostando dirigenti di qua e di là. Un recente valzer di poltrone ha ridisegnato i vertici dei vari settori. Anche di questo si è parlato con la relazione in merito del segretario e direttore comunale Giacomo Rossi, secondo cui la nuova organizzazione non sarà un optimum ma è una base su cui ricostruire. Rossi, più che dare una ratio del provvedimento, ha ripercorso le note vicende all’attenzione della Corte dei Conti, definendo «stratosferiche» le cifre dal 1999 al 2005 che non si è potuto sanare proprio per quanto riguarda i dirigenti. Super-stipendi come «indebiti oggettivi» per i quali qualche sentenza in sede civile c’è già stata, «ma erano sbagliati anche quelli normali, di stipendi». Una situazione «estremamente imbarazzante» per l’amministrazione quella creata negli anni a Palazzo Gilardoni; nel pantano è inavvertitamente rimasto lo stesso commissario prefettizio. Se i politici non hanno responsabilità penali, come deciso da tribunali e Cassazione, Rossi ha rinnovato severi giudizi su chi avrebbe dovuto consigliarli garantendo al contempo la correttezza dei provvedimenti, ossia i dirigenti di allora, in qualche caso ancora quelli di oggi.
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.