Il nucleare, ultima risorsa di chi non sa cambiare sistema

A Librando la tesi del libro di Carlo Monguzzi e Sergio Zabot: l'energia nucleare è costosissima, poco sicura e pone grotteschi interrogativi sul futuro di scorie ed impianti. Il domani sono micro- e co-generazione, fonti rinnovabili, produzione in proprio di elettricità

L’energia nucleare è fuori mercato. Questa la tesi del libro "Illusione nucleare", edito da Melpampo e scritto a quattro mani da Carlo Monguzzi, già assessore regionale all’Ambiente sotto la Giunta Ghilardotti (1993-1995), ultima amministrazione di centrosinistra in Lombardia, e dall’ingegner Sergio Zabot, dirigente del settore Energia presso la Provincia di Milano. Una sfilza di fatti e numeri inquietanti quella presentata ieri sera anche al pubblico samaratese di Librando, sfuggito all’insidiosa attrazione della finale di Champions League per tuffarsi in un argomento difficile e di cui la politica non parla quanto dovrebbe. Le recenti proposte di rilancio del nucleare, con la prospettiva dell’avvio entro fine legislatura (2013) della costruzione di ben quattro centrali, lasciano freddi Monguzzi e Zabot come pure tutto il mondo ambientalista.
Non su basi ideologiche è argomentato il libro, ma su cifre affidabili, tratte da libri, giornali, riviste, pubblicazioni scientifiche, siti Internet, università la cui fama è fuori discussione, come il Politecnico milanese. La tesi esposta è che il vero "rivale" del nucleare non siano le tradizionali energie fossili ma le fonti rinnovabili e la generazione distribuita dell’energia. Sì, perchè la scelta di un rilancio del nucleare sembra indicare un rifiuto di principio di riorganizzare profondamente le reti distributive dell’energia, ancora oggi organizzate in modo strettamente gerarchico e poco flessibile – si veda il disastroso black-out in tutta Italia del settembre 2003. Servirebbe invece un sistema capace di assorbire dal piccolo utente-produttore e smistare, almeno al livello locale, la piccola generazione in proprio tramite nuovi sistema in lenta ma sicura diffusione, come il solare fotovoltaico ad esempio, o la cogenerazione. Senza contare poi il legame inscindibile dell’atomo civile con quello militare, da cui discende e al quale può servire come "cavallo di Troia" – si vedano i casi indiano, iraniano e nordcoreano. Israele a sua volta potenza nucleare "illegale", ha impedito a mano armata che Iraq prima e Siria poi seguissero la stessa strada.

Quando parliamo di nucleare dobbiamo tenere conto di tutta una serie di immense spese e di danni ambientali gravi prima e dopo il funzionamento dell’impianto, che è tutt’altro che semplice e garantito. L’estrazione dell’uranio da sola devasta il territorio: milioni di metri cubi di terreno, in media, vanno scavati e macinati per ricavare lo yellowcake, la pasta base, diciamo, da cui ricavare con complesse operazioni chimico-fisiche e la centrifugazione l’uranio arricchito e altamente radioattivo on cui alimentare la reazione controllata. Tutti questi passaggi creano scorie, costi, e inquinamento – alla fine del ciclo di vita di una centrale, per unità energetica ottenuta l’emissione di CO2 è comunque un terzo di quella di una centrale al gas. Poco, si dirà: ma considerando le spese il gioco per Zabot e Monguzzi non vale proprio la candela. Ancora oggi, a 22 anni dal referendum che stoppò il nucleare italiano, per il cosiddetto decommissioning delle nostre quattro centrali (Trino, Caorso, Garigliano, Latina) dobbiamo 4,3 miliardi di euro in moneta del 2006, non ancora stanziati. In Gran Bretagna, paese ben più atomico del nostro, la cifra sfonda quota 100 miliardi. Cento miliardi: avete letto bene. Ammortamenti che nessun fondo di accantonamento, per quanto accorto, potrà mai garantire nei decenni. Per tacere del problema delle assicurazioni in caso, tutt’altro che impossibile, di incidente grave con inquinamento radioattivo del territorio, o dei rischi di sabotaggio o attacco intenzionale. Non meraviglia così che ci sia chi semplicemente propone di "mettere a nanna" i reattori spenti sotto una colata di cemento e lasciarli lì indeterminatamente, "alla Chernobyl", e cavoli di chi verrà.
Se si tiene conto che allo spegnimento dei reatori le barre di uranio vanno lasciate in piscine a raffreddare per quindici anni, e la loro successiva estrazione e stoccaggio in sicurezza costituiscono tuttora un problema sostanzialmente irrisolto per costi e rischi (si veda il caso del maxideposito di Yucca Mountain negli Stati Uniti, dove vaste plaghe del West sono segnate da miniere di uranio a cielo aperto, depositi di scorie e poligoni nucleari), si avrà un’idea delle dimensioni del problema. Ne "L’illusione nucleare" si legge, fra l’altro, che nessuna grande centrale nucleare aperta nell’ultimo mezzo secolo è stata smantellata. Si aprono, tuttora, ma non si sa se e come si riuscirà a risolvere i problemi collegati: lasciando che paghi il Pantalone di oggi, in Italia, per un sistema dei prezzi elettrici bastato su sistemi che del libero mercato non hanno nulla, a dimostrazione che manca una vera imprenditoria energetica, e il Pantalone di domani, in tutto il mondo, per la polvere (radioattiva) da rimuovere "sotto il tappeto".

Nè, aggiungono implacabili Monguzzi e Zabot, convinti di avere ragione da vendere, si può sostenere che il nucleare "risolva" dipendenze energetiche. Innanzitutto non abbiamo più uranio di quanto abbiamo petrolio o gas, e le fonti note del minerale radioattivo si esauriranno prima di quelle del viscoso combustibile tuttora signore e Dio dell’economia globale. Inoltre in Italia la potenza produttiva elettrica installata, citata da Monguzzi a 93.000 MW, sarebbe più del doppio del massimo picco di richiesta che si raggiunge normalmente. Dal solo risparmio energetico applicato agli edifici vecchi e nuovi accoppiato a fonti rinovabili (quelle vere, non quelle "assimilate" da Cip-6, inceneritori inclusi, in patente violazione delle norme europee, e che pesano per l’82% del relativo sovrapprezzo in bolletta) e generazione distribuita, da qui al 2020 si potrebbero ottenere fino a un massimo teorico di 50.000 MW, mentre le quattro centrali nucleari previste fornirebbero "solo" 6400 MW. Mentre insomma si battono vie vecchie per risolvere problemi cronici, una rivoluzione silenziosa avanza inesorabile e preannuncia un modello energetico diverso, e meno centralizzato per il XXI secolo.

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Pubblicato il 28 Maggio 2009
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