“Piccolo sarà bello, ma non sempre è efficiente”
Un'analisi da parte di Giuseppe Nigro, segretario provinciale del Partito Socialista, in vista del voto amministrativo. "I Comuni della nostra provincia sono troppo piccoli"
Riceviamo e pubblichiamo
Il prossimo 6-7 giugno, andranno al voto in provincia di Varese 92 comuni, circa il 65% degli enti locali dell’intera provincia.
È un numero ragguardevole e merita di essere analizzato. Innanzitutto, vale la pena osservare come si distribuiscono per popolazione: vi sono 20 comuni sotto i 1000 abitanti, tra cui alcuni piuttosto piccoli, con una popolazione di poco superiore ai 200 abitanti, basti citarne uno per tutti, come Curiglia che ha 201 abitanti. Complessivamente questi 20 comuni totalizzano 11.419 abitanti.
Seguono 17 comuni che si collocano fra i 1.000 e i 2.000 abitanti per una popolazione complessiva pari a 21.443.
I comuni fra i 2.000 e 3.000 abitanti sono 9 per una popolazione pari a 21.460 abitanti, quelli fra i 3.000 e i 4.000 sono 8 per una popolazione complessiva di 22.670 abitanti.
I comuni fra i 4.000 e i 5.000 abitanti sono 15, con una popolazione di 62.032 abitanti; 5 sono i comuni fra i 5.000 e i 6.000 abitanti, con una popolazione complessiva di 28.795 abitanti.
I comuni fra 6.000 e 7.000 abitanti sono 2 con una popolazione di 13.724 abitanti. I comuni fra 7.000 e 8.000 abitanti sono 2, con una popolazione di 15.142 abitanti. Fra gli 8.000 e i 9.000 abitanti, in questa tornata elettorale, non ci sono comuni che vanno al voto.
I comuni fra i 9.000 e i 10.000 abitanti sono 5 e totalizzano 48.089 abitanti, quelli fra i 10.000 e gli 11.000 abitanti sono 2 con una popolazione di 21.219 abitanti. Al di sopra degli 11.000 abitanti soltanto il comune di Lonate Pozzolo i cui abitanti sono 11.480 va al voto. Infine vi è il Comune di Saronno che ha 38.695 abitanti, quarto comune della provincia per numero di abitanti.
Se il numero dei comuni che va al voto rappresenta il 65% degli enti locali della provincia la popolazione interessata alla scadenza elettorale risulta essere soltanto il 36,5% della popolazione complessiva della provincia. I risultati delle elezioni non forniranno molte indicazioni sulle tendenze elettorali, se non a Saronno, dove si vota con il maggioritario a doppio turno e dove saranno esplicite le denominazioni delle forze che si sottopongono al giudizio dell’elettorato. Nelle altre località, le aggregazioni hanno caratteristiche eterogenee e il peso delle diverse componenti non è facilmente decifrabile.
I dati numerici, sopra riportati e sommariamente raccolti, suscettibili di qualche imprecisione, ma nel complesso attendibili, consentono di introdurre alcune riflessioni su cui spesso si preferisce glissare. Innanzitutto la questione della dimensione dei comuni. Numerosi studi hanno evidenziato che gli attuali comuni italiani non si discostano da quanto le comunità rurali del XV e XVII secolo istituirono. La generalizzazione vale anche per il territorio Varesino, oggetto nell’ultimo secolo di forte industrializzazione e impetuosa crescita demografica.
L’asimmetria fra numero di comuni di modesta entità e distribuzione della popolazione è evidente e non necessita di alcun commento.
È vero che la nobile tradizione di Cattaneo porta ad esaltare le “piccole patrie”, ma i “comuni polvere”, e molti di quelli che vanno al voto in provincia di Varese sono tali, non saranno mai in grado di esercitare le funzioni per cui sono nati. Se pensiamo che i comuni dall’Unità in poi si sono organizzati, per via dell’accentramento amministrativo, secondo il principio dell’uniformità ci si rende conto di quanto sia oggi illusorio pensare che in tutti i comuni sia possibile garantire tutte le prestazioni, i servizi, in modo omogeneo e i medesimi livelli di prestazione.
È certamente facile accusare l’ente provincia di essere inutile, meno popolare è affermare che il numero dei comuni in Italia è fonte di inefficienza. “Piccolo è bello” ma è anche inefficiente, verrebbe da dire. Eppure delle inefficienze rappresentate dai 6.000 comuni italiani sotto i 5.000 abitanti nessuno parla.
Mentre in Francia e in Germania abbiamo assistito nell’ultimo ventennio ad una riduzione degli enti locali, anche drastica, in Italia, al contrario la frammentazione resiste. In realtà, anche in Italia avremmo bisogno di un riordino e una razionalizzazione degli enti locali, perché il “comune polvere” non sarà mai in grado di esercitare quell’autonomia prevista dall’art. 114 della Costituzione, come neppure potrà mai rispettare il principio di sussidiarietà, perché la stessa dimensione lo renderà ostaggio del centralismo statale, oggi, e di quello regionale domani. Meno che mai potrà rispettare il principio di adeguatezza, perché strutturalmente inadeguato a garantire tutte le funzioni amministrative di cui è titolari l’ente locale.
Per rendere efficiente la spesa dei comuni ed efficaci i risultati per i cittadini è quanto mai necessario promuovere forme di unione dei comuni. Soltanto perseguendo questa via sarà possibile affermare i principi di differenziazione e di adeguatezza. Allocare funzioni amministrative in modo differenziato è la strada per ammodernare la pubblica amministrazione e soddisfare i bisogni dei cittadini.
In provincia di Varese, uniformità e atomizzazione amministrativa sono alla base di un uso inefficiente delle risorse. Non voglio essere frainteso. Non penso a nessuna cancellazione delle tradizioni e delle radici locali, alle identità delle comunità, coltivo soltanto l’idea che sia possibile un uso più efficace delle risorse. Incoraggiare fusioni, incentivare aggregazioni, come prevede la legislazione vigente (cfr. il dm 318/2000) è indispensabile per meglio affrontare le politiche pubbliche del territorio.
Si pensi soltanto a che cosa ha rappresentato la frammentazione amministrativa in termini di gestione della risorsa territorio. Spesso ci si lamenta dello scarso appeal turistico delle località della provincia: una delle risposte è da rintracciare nell’aggressione che è stata fatta al territorio. Comuni diversi per dimensioni hanno fatto le stesse politiche urbanistiche, incrementando le residenze senza tutelare adeguatamente il paesaggio. Il risultato è sotto i nostri occhi.
Nessuno s’interroga sui costi rappresentati della burocrazia amministrativa e dal ceto politico di questi piccoli comuni. Il tema della rappresentanza è questione delicata, poiché rimanda a quello degli ordinamenti democratici, ma spesso, spreco e inefficienza si annidano proprio nella proliferazione degli enti locali e non solo nella persistenza e nell’esistenza dell’ente provincia.
Le imminenti elezioni dovrebbero essere un’occasione per affrontare questi temi anche nella ricca e “virtuosa” provincia di Varese. Eppure, il dibattito sulla riforma della pubblica amministrazione, nonostante la presenza di forze che si ritengono uniche interpreti del territorio langue. Neppure l’opposizione istituzionale alimenta il dibattito e avanza proposte di innovazione. Chissà che comode poltrone, una certa assuefazione a mollezze romane non abbia indotto a mettere sotto silenzio le critiche sugli sprechi e sulle inefficienze senza più ricordare che il riordino degli ordinamenti, la promozione di forme di cooperazione fra enti, in sistemi ad elevata frammentazione come il nostro, è centrale per qualsiasi politica di modernizzazione e superamento della crisi in corso.
Giuseppe Nigro
Segretario Partito Socialista Federazione di Varese
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